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MOBILITA' SOSTENIBILE

Auto sostenibili, la ricetta Seat per ridurre l’impatto ambientale delle fabbriche

Ridurre l’impatto ambientale dell’industria dell’auto è una delle sfide più importanti di questi anni. Ecco come Seat sta cercando di farlo.

Seat fabbrica Martorell riduzione impatto ambientale

Da un lato automobili con consumi di carburante ed emissioni di CO2 e polveri sottili sempre più ridotti, in attesa del boom delle auto elettriche, dall’altro fabbriche sempre più efficienti, che consumano meno energia e che riciclano acqua e rifiuti. La via verso la sostenibilità ambientale del settore automotive è lunga, complessa e in salita ma alcuni passi sono stati già fatti.

Lo stabilimento Seat di Martorell, nella Zona Franca a nord di Barcellona, ha intrapreso questa strada: i dirigenti si sono dati degli obbiettivi di riduzione del 50% del suo impatto ambientale entro il 2025. Il programma prevede una riduzione dell’energia e dell’acqua consumata nei processi industriali, della produzione di rifiuti, di CO2 e di VOC (volatile organic compounds, agenti inquinanti volatili prodotti soprattutto nel reparto verniciatura). La strategia Seat per Martorell si si chiama Ecomotive Factory.
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Per quanto riguarda l’energia, oltre alla riduzione dei consumi della fabbrica tramite l’isolamento e il recupero termico, l’installazione di luci a Led in tutto lo stabilimento e l’uso di calore proveniente da una centrale a biomassa, un ulteriore passo avanti è stato fatto installando un grosso impianto fotovoltaico da oltre 10 MW di potenza sui tetti dei capannoni.

L’impianto si chiama Seat al Sol, è composto da 53 mila pannelli solari fotovoltaici che producono mediamente 15 milioni di kWh l’anno. Una quantità di energia pari a circa il 25% dell’energia consumata da Seat per produrre la Leon, uno dei modelli costruiti a Martorell. La riduzione annua stimata di CO2 emessa grazie all’uso dell’energia rinnovabile fotovoltaica è pari a circa 7.000 tonnellate.
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Parlando di rifiuti, al momento Seat è riuscita a ridurne la produzione a Martorell del 41%; per quanto riguarda i VOC, invece, la performance è inferiore: -16%. Tuttavia, per quanto riguarda il consumo di acqua, lo stabilimento ha beneficiato molto dell’installazione di un impianto di recupero, filtrazione e riciclo che ha permesso di ridurne di parecchio il consumo.

L’acqua, in una fabbrica di automobili, serve sia per il lavaggio dei componenti che per i test di tenuta delle guarnizioni: in uno dei test di qualità effettuati prima di dare l’ok alla vendita l’auto viene letteralmente inondata al fine di individuare eventuali infiltrazioni. Nessuno comprerebbe un’auto in cui piove dentro se c’è un temporale.

Altro settore in cui c’è molto da lavorare nell’industria automobilistica è quello dei trasporti e della logistica: dalla movimentazione dei componenti tra i vari stabilimenti e magazzini alla consegna delle auto alle concessionarie, c’è infatti una gran quantità di fattori che possono influire negativamente (o positivamente, se ben gestiti) nella performance ambientale di una catena produttiva.

Sia che si tratti di trasporto su gomma che su rotaia Seat ha cercato di far qualcosa: da una parte i cosiddetti “Megatruck“, che altro non sono se non autotreni lunghi circa 25 metri, dall’altro la linea ferrata che collega lo stabilimento di Martorell al porto di Barcellona (realizzata tramite una bretella sulla tratta Llobregat-Anoia). Questa linea ferrata, costruita con fondi pubblici, ha oggi una capacità di trasporto di 80.000 veicoli l’anno, che verrebbero altrimenti trasportati su gomma.
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Una fabbrica di automobili, però, deve fare utili. C’è poco da fare, ogni riduzione dell’impatto ambientale deve essere pensata e pesata anche dal punto di vista economico. La strada di Seat per rendere sostenibili economicamente i suoi sforzi ambientali passa soprattutto dalla robotizzazione dell’impianto di Martorell e dalla ricerca di soluzioni tecnologiche innovative nel centro di ricerca annesso all’impianto stesso.

Da una parte ci sono i robot che “danzano“, muovendo componenti con precisione millimetrica in un flusso di parti e veicoli che sembra inarrestabile, mentre gli operai umani svolgono quel poco lavoro che ancora una macchina non sa fare. Gli esperti la chiamano industria 4.0 e ha a che fare, pesantemente, con l’ottimizzazione dei flussi e con la circolazione delle informazioni tra i reparti e tra le singole macchine che devono danzare tutte lo stesso balletto.

Dall’altra parte ci sono gli ingegneri (sempre di più, sempre più giovani e sempre più donne) che si spremono le meningi per migliorare ulteriormente i flussi di lavoro, ridurre gli sprechi, ottimizzare le risorse per far scendere i consumi (di energia quanto di materie prime) mentre sale la produttività oraria. E’ difficile, molto difficile, ma si può fare: non siamo ancora all’ottimo, ma l’industria automobilistica, Seat compresa ma non solo Seat, ha fatto grossi passi avanti rispetto a soli vent’anni fa.
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Questi e altri sforzi messi in atto da Seat sono solo alcuni esempi di come l’industria automobilistica stia cercando una seconda vita, più ecologica e con un impatto ambientale più ridotto. Non c’è solo Seat in questo percorso, ma un po’ tutti i principali player del mercato automotive.
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E’ ovvio che non è ancora sufficiente: costruire automobili inquina, consuma energia e acqua, produce rifiuti difficili da smaltire anche se metti in atto le migliori pratiche possibili. Gli sforzi dell’industria automobilistica sono solo una parte della soluzione al problema ambientale che nasce dalla nostra esigenza (che non sempre è una vera esigenza, troppo spesso è solo un capriccio) di mobilità.

Bisogna allora iniziare a pensare a una mobilità nuova, in cui l’auto non sia esclusivamente di proprietà. In cui l’auto possa essere anche un servizio che si condivide con altre persone con il car sharing e il car pooling e in cui l’auto non sia il solo mezzo di trasporto disponibile.

Seat ci sta provando con una nuova strategia industriale che punta su auto connesse, su clienti giovani e sull’integrazione di tutto il sistema dei trasporti in ottica smart city. Questo tentativo si chiama Seat Metropolis Lab ed è stato presentato pochi giorni fa all’interno dello Smart City Expo di Barcellona. In questo specifico ambito, però, la responsabilità e gli sforzi da fare non sono tutti di Seat (né di nessun altro produttore di auto): molto, moltissimo, devono fare le autorità pubbliche (e ci devono mettere molti, moltissimi soldi) e altrettanto devono fare i consumatori (e ci devono mettere molta, moltissima voglia di cambiare il loro modo di muoversi).

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