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Protocollo di Kyoto: che cos’è
Sono passati diciassette anni dalla firma del protocollo di Kyoto, il principale strumento messo in atto dalle Nazioni Unite per limitare i cambiamenti climatici
Fra pochi giorni saranno trascorsi diciassette anni dall’11 dicembre 1997, il giorno in cui 180 Paesi, in occasione della Conferenza COP3 della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, firmarono il protocollo di Kyoto, il principale trattato internazionale in materia ambientale riguardante i cambiamenti climatici e il riscaldamento globale.
Ci vollero più di sette anni perché, in seguito alla ratifica da parte della Russia, il trattato entrasse in vigore il 16 febbraio 2005. Il trattato – il cui protocollo è stato prolungato sino al 2020, otto anni in più della scadenza fissata al 2012 – prevede l’obbligo di operare una riduzione delle emissioni di elementi inquinanti quali il biossido di carbonio, il metano, l’ossido di azoto, gli idrofluorocarburi, perfluorocarburi ed esafluoruro di zolfo in una misura non inferiore all’8% rispetto alle emissioni registrate nel 1990 nel periodo 2008-2013.
La condizione affinché il trattato potesse entrare in vigore era che le nazioni firmatarie fossero almeno 55 e che contribuissero al 55% delle emissioni inquinanti: come anticipato in precedenza solamente grazie alla firma della Russia nel novembre 2004 si è potuto far entrare in vigore il trattato.
A oggi, a diciassette anni dalla stesura e a dieci dall’entrata in vigore sono 191 i Paesi che hanno ratificato il protocollo. Il protocollo prevede meccanismi flessibili con i quali i Paesi aderenti possono acquisire crediti: con il Clean Development Mechanism e il Joint Implementation i Paesi industrializzati possono realizzare progetti, nei Paesi in via di sviluppo o in altri Paesi aderenti, atti a produrre benefici ambientali in termini di riduzione dei gas-serra e a far acquisire crediti spendibili autonomamente o insieme ai Paesi partner. Con l’Emission Trading i Paesi industrializzati e quelli a economia in transizione possono scambiarsi i crediti.
I Paesi in via di sviluppo non sono stati invitati a ridurre le loro emissioni. Fra i Paesi che avevano firmato il protocollo nel 1997 una delle ratifiche più tardive è stata quella dell’Australia avvenuta solamente il 2 dicembre 2007.
Per quanto riguarda l’Italia, il 16 marzo 2012 il ministro dell’ambiente del Governo Monti, Corrado Clini, ha stanziato un Fondo rotativo per Kyoto da 600 milioni di euro per finanziare, attraverso tassi agevolati di interesse, le energie rinnovabili, gli interventi atti a potenziare l’efficienza energetica e le tecnologie di cogenerazione e trigenerazione. Gli Stati Uniti, responsabili del 36,2% delle emissioni mondiali di biossido di carbonio, non hanno mai firmato il Protocollo di Kyoto.