ECOLOGIA
Denuncia l’inquinamento del Pertusillo, assolto Maurizio Bolognetti
Il giornalista rivelò a tutti l’inquinamento da idrocarburi del lago del Pertusillo: denunciato per rivelazione di segreto d’ufficio e procurato allarme è stato assolto perchè “il fatto non costituisce reato”
Il primo serio atto processuale dell’annosa vicenda dei dati sull’inquinamento del lago di Pietra del Pertusillo, in Basilicata, è la sentenza di primo grado: Maurizio Bolognetti è stato assolto perchè “il fatto non costituisce reato” .
Maurizio Bolognetti, giornalista, segretario dell’Associazione Radicali Lucani e membro della Giunta nazionale di Radicali Italiani, e Giuseppe di Bello, tenente della Polizia Provinciale di Potenza oggi candidato sindaco nel capoluogo lucano con una lista civica, avevano prelevato dei campioni d’acqua dal lago di Pietra del Pertusillo in seguito ad alcune denunce su diffusi fenomeni schiumogeni e di una moria di pesci.
Dall’analisi dei campioni, commissionati nel gennaio 2010 a spese proprio di Bolognetti e dei Radicali Lucani all’azienda Biosan di Vasto (Ch), si evinceva un inquinamento delle acque dell’invaso decisamente preoccupante, in particolare per quanto riguarda la presenza di bario ed escherichia coli. La reazione delle istituzioni fu violenta, con l’Arpab che cominciò immediatamente a paventare ipotesi di reato e con un procuratore, Salvatore Colella, che perquisì l’abitazione di Bolognetti ed inquisì i due per “rivelazione di segreto d’ufficio”. L’allora Presidente del Consiglio Regionale della Basilicata arrivò ad accusare il radicale di “procurato allarme”.
“Quattro anni per arrivare a una decisione.
Intanto, lo stesso Pm che ha indagato me per rivelazione di segreto ha archiviato la pratica Pertusillo.
Per non dire che chi mi aveva accusato gratuitamente di procurato allarme é riuscito pure a diventare, nella scorsa legislatura, presidente del consiglio regionale.”
è il breve commento di Bolognetti, lasciato come i suoi tanti pensieri sulla sua pagina Facebook. Appellandosi senza mai cedere di un passo all’articolo 5 della Convenzione di Aarhus, alla libertà di informazione ed al diritto alla conoscenza, Bolognetti esce pulito da un processo troppo lungo per poter essere definito giusto, alla luce sopratutto del tema che si è affrontato nel dibattimento: la libertà dei cittadini ad essere informati e la libertà di informare, il diritto a vivere in un ambiente sano ed alla conoscenza, lo stato di diritto.
La diga del Pertusillo ha una capacità di 155 milioni di metri cubi: le sue acque del vengono utilizzate per il 65% dalla Regione Puglia (prevalentemente ad uso potabile, la Regione Puglia non ha mai chiesto chiarimenti sull’inquinamento dell’invaso) e per la restante parte dalla Basilicata (prevalentemente ad uso irriguo): il pomo della discordia che balza all’occhio dalle analisi commissionate da Bolognetti è un metallo pesante, il bario, che non si trova in natura e che è utilizzato nel campo delle estrazioni petrolifere, che proliferano attorno all’invaso grazie al cane a sei zampe dell’Eni ed alla multinazionale francese Total.
Tanto per ribadire la posizione della procura, questa mattina il pm ha chiesto la condanna a due anni per Maurizio Bolognetti, una linea rigettata completamente dal giudice che ha sentenziato la non colpevolezza del giornalista.
La vicenda del Pertusillo
Dell’inquinamento del Pertusillo mi occupai nel settembre 2010 sul sito di informazione online ItaliaTerraNostra. Di seguito propongo quell’articolo, il primo scritto sulla vicenda, che riepiloga i fatti avvenuti nel gennaio 2010 e che portarono al processo contro Maurizio Bolognetti:
La diga del Pertusillo è un posto particolare, nel cuore della Basilicata. Costruita negli anni Cinquanta, grazie allo sbarramento del fiume Agri, forma il Lago di Pietra del Pertusillo, un luogo che nonostante la sua natura artificiale può vantare un atmosfera magica. Nonostante l’imponente impatto ambientale dell’opera, almeno inizialmente la preservazione ed il rispetto per l’ambiente hanno, da subito, permesso il proliferare di numerose specie animali, anche rare. Dimorano nel lago folaghe, germani reali e, nei tratti più isolati, anche l’airone cenerino. Gare di canottaggio, di nuoto e pesca sportiva, a ferragosto il lago si popola di lucani della Val d’Agri che sulle sue sponde festeggiano la festa agostana. E ancora, i suoi 155 milioni di metri cubi d’acqua sono in grado di rispondere a molte necessità idriche: sfruttamento dell’energia idroelettrica, trentacinquemila ettari di terra fertile da irrigare, tra Basilicata e Puglia. L’Acquedotto Pugliese da servire, che ha uno dei suoi punti di partenza proprio da questo lago, destinazione: rubinetti e fontane. Da tempo tuttavia le sue acque insospettiscono i nasi e gli occhi dei suoi più sensibili ed attenti frequentatori; c’è qualcuno che comincia a temere per il suo storico status di “luogo incontaminato”, dove appassionati di pesca si prodigano nella cattura di carpe ed anguille, o grigliano all’ombra dei noccioli e dei castagni. E c’è chi, come Maurizio Bolognetti, preferisce andare a fondo, sin nelle particelle d’acqua del lago: i prelievi commissionati dai Radicali Lucani nel mese di gennaio fanno emergere dei dati sconcertanti, visto e considerato che le acque del lago sono “ad uso umano”. I risultati dei prelievi, effettuati in tre punti differenti (Spinoso, Senise e Trivigno) danno un quadro raggelante dello status delle acque: tutti i campioni, in base ai limiti imposti dal decreto legislativo 31/01, non si allineano e non rientrano in tali parametri di legge, per le acque ad uso umano. In tutti e tre i campioni viene evidenziata la presenza di enterococchi intestinali ed Escherechia coli: nel lago c’è, sostanzialmente, vera e propria merda. È proprio vero che tutto torna, nel cerchio della vita. I risultati delle analisi sono inquietanti: la presenza di Bario, metallo dalle alte proprietà tossiche, è in alcuni punti addirittura di 3 mg/l: tale metallo non si trova mai in natura, proprio a causa della alta reattività con acqua ed ossigeno. La barite è utilizzata diffusamente nei pozzi di petrolio per appesantire i fluidi di trivellazione. Il 10 per cento del fabbisogno nazionale di petrolio proviene dalla Val d’Agri, dove ci sono i pozzi di trivellazione dell’Eni; stando a studi recenti, i giacimenti di quella zona potrebbero rappresentare la più grande riserva di petrolio d’Europa. E il Lago del Pertusillo potrebbe rappresentare il più grande sito di stoccaggio di bario, qualora lo sfruttamento idrocarburico continuasse nel modo scriteriato di oggi. Se assunto in acqua, il bario ha una tossicità comparabile all’arsenico. Se i suoi effetti a breve termine possono circuirsi in disturbi gastro-intestinali e debolezza muscolare, a lungo termine il bario porta un forte aumento della pressione sanguigna, con conseguenze anche mortali sia per l’uomo che per gli animali. Problemi di respirazione, irritazioni allo stomaco, gonfiore a reni e fegato, alterazione del ritmo cardiaco, alterazione dei riflessi nervosi. Inizialmente persino il Presidente dell’Arpab ha minimizzato il problema, dichiarando che nel lago “non c’è nulla di pericoloso per la salute”, salvo poi tornare indietro sulle sue stesse frasi, parlando di un possibile malfunzionamento dei depuratori. L’Arpab ha sempre preferito glissare sulle acque del Pertusillo, così come la Regione Basilicata. Il sostituto procuratore Salvatore Colella della Procura di Potenza, invece recapita ai Radicali Lucani, nella persona di Maurizio Bolognetti, un decreto di perquisizione e sequestro, per violazione di segreto d’ufficio: avrebbero rivelato atti d’indagine proprio sull’inquinamento “in atto” alla diga del Pertusillo, e ha disposto il sequestro di computer per risalire alla fonte sulle vicende da inquinamento degli invasi. Inoltre il pm Colella ha indagato per procurato allarme sia il radicale Bolognetti che il tenente della polizia provinciale Di Bello, che lo ha aiutato nelle rilevazioni alla diga nel gennaio scorso. “Come mai Colella pretende di sapere la fonte informativa solo sulla vicenda del Pertusillo e non su altre vicende da noi denunciate, come l’inquinamento di Tito, della Val Basento o di Fenice?” Anzi, prosegue Bolognetti “pare che della documentazione da noi presentata e degli esposti fatti nessuno se ne voglia curare”. La sensazione è che ci sia chi sta cercando di affogare la verità nelle torbide acque del lago del Pertusillo, usate per bere ed irrigare due terzi di Basilicata e buona parte del nord della Puglia. Bere ed irrigare. Due delle tre attività che tengono in vita l’essere umano sono in pericolo, in queste terre dimenticate.
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Dopo secoli di nefandezze umane c’è sempre qualcosa di nuovo per giustificare l’aggressione coloniale ai danni del Mezzogiorno. Il petrolio rubato ai Lucani quotidanamente dal 1998 – alla stregua del gas sottratto ai Dauni dagli anni ’50 – evidenziano il degrado ambientale provocato dall’Eni. C’è di più: l’inquinamento scoperto da Maurizio Bolognetti all’interno del Pertusillo (certificato da un laboratorio qualificato). La magistratura locale che fa? Ovvio: incrimina Bolognetti e non chi uccide la vita per soldi. Al sostituto procuratore Salvatore Colella – il pm che ha ordinato la perquisizione a casa di Bolognetti – pongo il seguente quesito. Che ci fanno i mezzi della Ecosistem di Lametia Terme all’Eni di Viggiano? Dove finiscono i rifiuti pericolosi del cane a sei zampe?
N.B.
La domanda della redazione di Italia Terra Nostra
L’Ecosistem di Lametia Terme (Calabria), ditta specializzata nello “smaltimento rifiuti” lavora in appalto o subappalto per l’Eni di Viggiano? Come mai Berlusconi, Vendola e De Filippo tacciono all’unisono in materia di inquinamento delle acque e nascondono la situazione all’opinione pubblica? Siamo dinanzi ad una criminalità istituzionalizzata?