ENERGIE
Dimostrata una relazione tra fracking e terremoti in Texas
Uno studio della South Methodist University correla 50 terremoti avvenuti tra il 2009 e il 2010 con l’inizio delle attività di fracking nell’area a Nord di Dallas nel 2005, in una zona che prima non aveva mai registrato attività sismiche.
Se ce fosse bisogno, dal Texas arriva un ulteriore conferma del legame tra fracking e attività sismica dopo analoghi studi effettuati in Ohio, New Mexico e Colorado.
La South Methodist University ha analizzato circa 50 terremoti di piccola magnitudo (ma percepiti dalla popolazione) avvenuti tra il 2009 e il 2010 non lontano da Dallas in prossimità di pozzi di ri-iniezione delle acque di scarto usate per il fracking. Un singolo pozzo di ri-inieizione può ricevere circa 300000 barili al mese di acqua salata di scarto.
Prima del 2008 in questa zona non c’era mai stata attività sismica e questo fa propendere i ricercatori a pensare che sia stato proprio il fracking a indurre i terremoti.
Il ritardo di quattro anni tra l’inizio dell’attività petrolifera e il movimento delle faglie viene spiegato con un modello probabilistico: la presenza di acqua salata iniettata a forza nelle faglie crea una sorta di lubrificante tra gli strati di roccia che rende più probabile i movimenti tettonici quando venga applicata una forza appropriata.
Questo può accadere anche anni o decenni dopo, visto che la geologia ha i suoi tempi, che sono un po’ diversi da quelli della quotidinatià. L’USGS ha rilevato una significativa crescita dell’attività sismica nel sud degli Stati Uniti.
Questo al momento non fermerà di certo le attività di trivellazione, perchè le correlazioni trovate dagli scienziati non rappresentano ancora una “prova” nel senso forense del termine. Anche se agli scienziati e agli amministratori locali non sembra una buona idea continuare a bucherellare il territorio intorno alle città di Dallas e Fort Worth, molto probabilmente tutto continuerà come prima finché “non ci scapperà il morto”.