Biciclette
A Rimini il primo Congresso nazionale della mobilità dolce
Due giornate per fare il punto sull’attività di Co.Mo.Do., il consorzio che unisce le associazioni ambientaliste che si battono per lo sviluppo di una rete nazionale di mobilità dolce
È iniziato quest’oggi e si concluderà domani, a Rimini, il primo Congresso nazionale sul tema della creazione di una rete nazionale di mobilità dolce, una sorta di atto culminante dei sette anni di lavoro della confederazione di associazioni Co.Mo.Do, acronimo della Confederazione di Mobilità dolce che riunisce AIPAI -Ass, Italiana Patrimonio Archeologia Industriale, Alpine-Pearls, Etnafreebike, Fiab Onlus, Ass. Go Slow Social Club, Ass. Greenways Italia, Ferrovie Turistiche Italiane, Fed. Italiana Ferrovie Turistiche e Museali, Italia Nostra Onlus, Ass. In Loco Motivi, Iubilantes/Rete dei Cammini, Legambiente Onlus, Rete Mobilità Nuova, Società Geografica Italiana, Touring Club Italiano, Umbria Mobilità S.p.a UTP/Assoutenti e WWF Onlus.
L’obiettivo di Co.Mo.Do è, sin dalla sua fondazione, quello di ribaltare il concetto di viabilità, ovverosia ripensare le strade mettendo al centro le persone e non le autovetture.
Nelle grandi città questo processo sta avvenendo. Anche se con grande fatica e con i rallentamenti imposti dalla crisi economica e dalla mancanza di fondi pubblici, le reti ciclabili urbane stanno crescendo. Lo stesso non può dirsi per la viabilità extra-urbana. Proprio in quest’ottica Co.Mo.Do si è fatto promotore del Ddl Norme per la tutela e valorizzazione del patrimonio ferroviario in abbandono e la realizzazione di una rete della mobilità dolce che è stato depositato da un gruppo di deputati del Parlamento italiano membri della VIII Commissione Ambiente, territorio e lavori pubblici della XVII legislatura e in collaborazione con le Istituzioni e le più importanti associazioni ambientaliste confederate.
Come in altri paesi (la Spagna per esempio…) il recupero dei cosiddetti “rami secchi” rappresenterebbe una “manutenzione del territorio attraverso la memoria delle sue infrastrutture”. Un’occasione da sfruttare per un Paese, il nostro, che ha perso il primato mondiale del turismo pur custodendo due terzi delle opere d’arte del globo. E in un’ottica di turismo sostenibile le vecchie arterie ferroviarie sarebbero strategiche. All’estero ci hanno copiato per anni, ma nessuno possiede i beni culturali e paesaggistici (dunque non delocalizzabili) dell’Italia.
Via | Comunicato Stampa
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