Navi
Incidente nel porto Genova, la nave Jolly Nero e l’epopea delle “Jolly”
Il tragico incidente occorso alla nave Jolly Nero nel porto di Genova è solo l’ultimo di una lunga serie di tragici eventi capitati alle “navi Jolly”: una storia di salsedine e misteri italiani.
E’ solo l’ultimo di una lunga serie di tragici incidenti, ognuno con il suo piccolo alone di mistero attorno: quanto successo questa notte a Genova è in realtà l’ennesimo tassello nell’epopea delle navi Jolly.
Le navi Jolly sono una cinquantina di navi della Ignazio Messina & C., una compagnia di navigazione genovese fondata nel 1929, che sono state protagoniste di molti fatti di cronaca della storia nazionale: tempeste, affondamenti, inchieste giudiziarie, persino i pirati e una missione internazionale della nostra Marina Militare, le peripezie delle Jolly hanno scritto la storia della compagnia genovese e, in buona e forse larga parte, anche di alcuni misteri italiani.
Il primo fatto è avvenuto in una notte di settembre del 1987 a largo dell’isola di Farsi nel Golfo Persico, quando la motonave portacontainer Jolly Rubino (forse la più sfortunata dell’intera flotta) venne attaccata dai Guardiani della rivoluzione iraniani, attacco che diede vita all’Operazione Golfo 1, una delle missioni della Marina Militare Italiana più importanti dal secondo dopoguerra.
La Jolly Rubino fu in quel frangente il pretesto perfetto che la comunità internazionale utilizzò per porre fine alle ostilità tra Iran ed Iraq di quegli anni, la Prima guerra del Golfo: il conflitto era, dopo 8 anni ed oltre un milione di morti, in una fase di stallo e le ostilità si spostarono gradualmente sul fronte marittimo, estese al traffico commerciale e, in particolare, petrolifero e coinvolgendo anche navi appartenenti a nazioni neutrali. La necessità di protezione dei traffici occidentali in quei mari, e l’attacco alla Jolly Rubino, fornì un pretesto perfetto per lo Stato italiano, che inizialmente aveva deciso di non intervenire, e fu il principio di risoluzione internazionale di quel conflitto.
Quella nave ebbe una vita piuttosto lunga, ma altrettanto travagliata: era il 10 settembre del 2002 quando un incendio nella sala macchine, vicino alle coste del Sudafrica, portò al suo inevitabile naufragio mentre trasportava, tra le altre cose, prodotti chimici estremamente pericolosi per l’uomo e l’ambiente: 371 container, tutti pieni, alcuni di trattori ed auto e circa 1.700 tonnellate di acciaio sotto forma di rotoli di diverse dimensioni e pesi. La compagnia di navigazione spese 7 milioni di dollari per rimuovere il greggio fuoriuscito dallo scafo ed evitare che l’incidente causasse un grave inquinamento dell’area.
La Jolly Rubino non era l’unica nave della compagnia Ignazio Messina & C. a trasportare carichi pericolosi: il caso più misterioso ed eclatante è legato alla Jolly Rosso, ve ne abbiamo parlato noi di Ecoblog qualche mese fa: una nave che ha strascichi di morte lungo tutto lo stivale, dal capitano di corvetta Natale De Grazia, che indagava sulle navi dei veleni (navi cariche di rifiuti tossici fatte affondare dalla ‘ndrangheta in modo da riscuotere il premio assicurativo e da smaltire il dovuto) agli sfortunati marinai Giovanni Sorriso e di Torre del Greco (Na) ed Emilio Caso di Ancona, il primo decapitato ed il secondo colpito a morte al bacino da un cavo d’ormeggio della Jolly Rosso II, nel 1998, sempre nel porto di Genova.
La Jolly Rosso, o semplicemente Rosso, nel 1988 aveva trasportato, per conto dello Governo italiano, circa 2.000 tonnellate di rifiuti tossici tra il Libano e l’Italia, ma è soltanto due anni dopo che diventa famosa, spiaggiatasi misteriosamente ad Amantea (Cs) il 14 dicembre 1990: stive vuote e misteri, due inchieste giudiziarie cadute nel vuoto dell’omertà e tantissimi sospetti che fosse, la Jolly Rosso, una nave dei veleni. Fino ad una morte, per un caffè avvelenato in Autogrill lungo la Salerno-Reggio Calabria, di Natale De Grazia (per la quale si chiede oggi la riapertura dell’inchiesta).
Alla fine della sua vita (la nave fu acquisita dalla compagnia Ignazio Messina nel 1973) la Jolly Rosso, e questo è ufficiale, fu impiegata regolarmente per il trasporto di rifiuti tossici; anche in questo caso c’è chi, come Ilaria Alpi e Miran Hrovatin, ha trovato la morte seguendone le tracce. Al momento dello spiaggiamento la Rosso avrebbe trasportato tabacco e generi alimentari, stando ai documenti ufficiali (la stiva era pressocchè vuota) e fu smantellata sul posto nel 1991. Le inchieste sono state tutte definitivamente archiviate, l’ultima nel 2009.
Il rapporto definitivo della Commissione parlamentare d’inchiesta sugli illeciti connessi al ciclo dei rifiuti non ha aiutato a capire i misteri della Jolly Rosso, che probabilmente non emergeranno mai.
Il caso della Jolly Smeraldo risale ad aprile 2009, quando venne attaccata dai pirati a Mogadiscio, in Somalia (dove persero la vita, anni prima, la Alpi e Hrovatin seguendo le tracce dei rifiuti tossici): i malviventi attaccarono la nave con un barchino ma la Jolly Smeraldo riuscì a resistere all’attacco, sia il primo che il secondo giorno. Numerosi altri attacchi, passati sotto silenzio, hanno interessato sia la Jolly Smeraldo che la Jolly Rosso II nel corso degli anni.
L’11 dicembre del 2010 è invece la volta della Jolly Amaranto, finita in secca davanti al porto di Alessandria d’Egitto e affondata. L’affondamento sarebbe stato causato da un errore nella manovra d’attracco in banchina. Infine c’è stato il caso della Jolly Grigio: l’11 agosto 2011 questo mercantile è stato protagonista, nel porto di Ischia (Na), di un bruttissimo incidente: una collisione che portò all’inabissamento del peschereccio Giovanni Padre con due pescatori ercolanesi a bordo, morti annegati.
I fatti di cronaca cui si sono rese protagoniste alcune navi denominate “Jolly” sono tragici, altri tragicamente misteriosi: se le inchieste giudiziarie non hanno mai condotto a nulla, giornalisticamente parlando il materiale storico e probatorio rappresenta un’interesse notevole per l’opinione pubblica. In questo senso i mari italiani hanno sempre garantito un livello di omertà totale, dal disastro aereo di Ustica alle navi dei veleni della ‘ndrangheta, ciò che viene ingoiato dai nostri mari resta sepolto nei misteri delle dietrologie, delle inchieste infinite, del giornalismo investigativo, dei pentiti di mafia che sono attendibili ad intermittenza. I fatti di Genova in questo senso sono meno “misteriosi”, almeno ad una prima infarinata mediatica, rispetto a quanto successo in precedenza (con la Rosso o la Jolly Rubino, ad esempio), ma rappresenta comunque l’ennesimo tassello di sventura per i capitani coraggiosi della flotta Jolly.