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Arrestato il proprietario del Rana Plaza crollato a Dacca e Benetton smentisce le forniture
Alla vigilia del 1° maggio raccontiamo una tragedia del lavoro avvenuta a Dacca in Bangladesh dove è crollato il Rana Plaza in cui erano stipati migliaia di operai che lavoravano per i marchi della moda internazionale.
E’ finito in manette, dopo alcuni giorni di latitanza Mohammad Sohel Rana, il proprietario del Rana Plaza edificio di otto piani crollato a Dacca lo scorso 24 aprile per cui sono morte almeno 385 persone e ferite oltre 1000. Il Rana Plaza ospitava cinque fabbriche di abbigliamento, insieme a una banca e a un centro commerciale. Nel frattempo è scoppiato un incendio probabilmente a causa delle scintille provenienti dalle attrezzature da taglio dei soccorritori, il che complica ulteriormente i tentativi di trovare altri sopravvissuti. Il crollo del Rana Plaza si colloca come uno dei più gravi incidenti industriale del paese dell’Asia meridionale. Circa 2.500 persone sono state salvate dalle macerie per lo più giovani donne di età compresa tra 18 e 20, restano ancora molti dispersi.
Le fabbriche tessili producevano per molti marchi noti e come denuncia la ONG Abiti puliti anche per Benetton pubblicando sulla sua pagina Fb la foto scattata tra le macerie del Rana Plaza a Dacca da AFP:
Benetton si riforniva al Rana Plaza, l’edificio di otto piani crollato lo scorso 24 aprile a Savar, sobborgo di Dhaka in Bangladesh. Alcune t-shirts etichettate “United color of Benetton” sono state fotografate dall’agenzia AFP sulla scena del disastro. Inoltre siamo in possesso di una copia di un ordine di acquisto da parte di Benetton per capi prodotti dalla New Wave, una delle fabbriche del Rana Plaza. E’ il momento che l’azienda si assuma le sue responsabilità.
L’azienda veneta però ha risposto spiegando di non avere legami diretti con le fabbriche del Rana Plaza e che:
Nessuna delle aziende coinvolte nel tragico incidente di Dacca è ad oggi un nostro fornitore. Ad una ricerca attenta abbiamo verificato che quantomeno un ordine in passato c’è stato, forse due: si tratta di una fornitura occasionale, one shot, e probabilmente in subfornitura come capita nel settore del tessile. Ma a fine marzo lo avevamo già eliminato dai nostri fornitori regolari per gli audit non convincenti che ci erano arrivati. Bisogna però precisare che questi audit non comprendono mai informazioni sulle strutture degli edifici.
Il crollo dell’edificio è avvenuto per circostanze tutte da verificare e il pericolo imminente era stato annunciato dagli stessi lavoratori, per lo più operaie, che avevano notato preoccupanti crepe, ma gli era stato intimato di restare in fabbrica.
Oggi la ONG Abiti puliti chiede a Benetton di assumersi la responsabilità di queste tragiche morti provvedendo alle loro famiglie. Noi possiamo sostenerli firmando la petizione on line per far si che i lavoratori del Bangladesh siano tutelati da norme di sicurezza più severe.
Via | Ecouterre, Abiti Puliti
Foto | Abiti Puliti