Green Economy
Il Greenwashing nell’automotive: quando la pubblicità “green” diventa ingannevole
Si parla sempre più di transizione ecologica e della necessità di ridurre l’impatto ambientale della produzione industriale dei più svariati settore, compreso ovviamente quello automotive. Ovviamente a tutto questo viene legato una crescente attenzione alle opportunità e ai rischi legati alla transizione che di conseguenza ha accresciuto la domanda di standard globali di reporting, riconosciuti come un elemento cardine per affrontare i cambiamenti climatici. Ne risulta, dunque, la necessità di un sistema globale di standard per ridurre le pratiche di quello che viene definito “greenwashing”, in modo da poter allineare la produzione industriale e i consumi con i sempre più ambiziosi obiettivi di sostenibilità. Prima di andare avanti è necessario specificare cosa sono le pratiche di greenwashing.
Il greenwashing è un neologismo inglese che solitamente viene tradotto come “ecologismo di facciata” e indica determinate strategie di comunicazione di alcune aziende e organizzazioni che hanno come obiettivo quello di sviluppare un’immagine di sé ingannevolmente positiva sotto il profilo dell’impatto ambientale. Le parole sostenibilità, ecologia e ambiente (ma anche carbon neutrality, CO2 “0”, etc. etc.) sono quindi sempre più abusate da multinazionali e realtà produttive per un mero scopo di visibilità a scopo di lucro. Basti infatti pensare che secondo un recente studio comunitario circa il 42% dei messaggi pubblicitari relativi all’ambiente risulta ingannevole, se non addirittura falso.
In occasione di una conferenza stampa organizzata da Save the Planet, associazione no profit che si dedica alla tutela dell’ambientali, si è parlato della prima ordinanza cautelare di un Tribunale Italiano (e tra le prime in Europa) in materia greenwashing. Nel dettaglio si tratta di un’ordinanza emessa dal Tribunale di Gorizia a seguito di un ricorso d’urgenza presentato da Alcantara S.P.A nei confronti di Miko, società friulana che commercializza il materiale “Dinamica”. Ricordiamo che entrambe le aziende forniscono tessuti e rivestimenti di fascia alta per l’industria automobilistica.
La presidente di Save the Planet, Elena Stoppioni, ha spiegato durante la conferenza che “l’iniziativa realizzata con Alcantara può diventare una prima, fondamentale case history che in tema di greenwashing può essere caso di giurisprudenza”.
Di particolare rilievo il fatto che il Tribunale di Gorizia ha rilevato che “la sensibilità verso i problemi ambientali è oggi molto elevata e le virtù ecologiche decantate da un’impresa o da un prodotto possono influenzare le scelte di acquisto”. I Giudici hanno inoltre aggiunto che “dichiarazioni ambientali verdi devono essere chiare, veritiere, accurate e non fuorvianti, basate su dati scientifici presentati in modo comprensibile”.
Partendo da questi principi fondamentali, il Tribunale ha ordinato a Miko la cessazione della diffusione dei seguenti claim: “La prima microfibra sostenibile e riciclabile”, “100% riciclabile”, “Riduzione del consumo di energia e delle emissioni di CO2 dell’80%”, “Amica dell’ambiente”, “Scelta naturale” e “Microfibra ecologica” e di “informazioni non verificabili ed ingannevoli sul contenuto di materiale riciclato del prodotto”. Il Tribunale ha, inoltre, ordinato la pubblicazione della decisione sul sito di Miko e l’invio dell’ordinanza ad alcuni clienti della stessa.