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Natura

I coralli dei Caraibi minacciati dalle spugne: è colpa della pesca intensiva

I pesci mangia spugne vengono pescati e le spugne si triplicano minacciando le barriere coralline.

Uno studio condotto dal professor Joseph Pawlik dell’Università della North Carolina, pubblicata sul Peer Journal, avverte che le barriere coralline dei Caraibi sono in serio pericolo di sopravvivenza a causa delle spugne che soffocano i coralli e poi crescono sui loro scheletri. Il problema è causato dalla pesca intensiva che riduce la quantità di pesci che mangiano le spugne e di conseguenza queste ultime triplicano la loro presenza.

In particolare il professor Pawlik ha studiato le barriere coralline di 12 diversi Paesi dei Caraibi e ha messo a confronto 25 siti in cui la presenza dei pesce è bassa, perché da decenni vi si pratica la pesca intensiva, con altri 44 siti dove, invece, c’è abbondanza di pesce. Ebbene è emerso che più del 25% delle colonie di corallo nei siti in cui c’è poco pesce è in contatto con le spugne oltre il doppio delle barriere che si trovano in acque con abbondanza di pesce. I pesci angelo e i pesci pappagallo, in particolare, mangiano le specie di spugne a crescita veloce, mentre lasciano vivere quelle che crescono lentamente, che sono capaci di proteggersi grazie a difese chimiche con le quali respingono i pesci e comunque influiscono in minor misura sulla vita dei coralli.

La ricerca dello scienziato americano mette anche in evidenza che non è vero che la più grande minaccia per i coralli è costituita dalle alghe, infatti queste ultime sono più abbondanti nelle acque in cui i pesci sono più numerosi e viene smentita dunque anche la teoria secondo cui i pesci mangiando le alghe ne controllano la crescita.

Il professor Joseph Pawlik spiega:

“Le nazioni caraibiche dovrebbero basare le loro decisioni politiche per la pesca sulla chiara connessione tra la pesca eccessiva e i coralli soffocati dalle spugne per cui la conservazione dei coralli richiede una popolazione prospera di pesci nella barriera”

Foto © Joseph Pawlik

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