Cronaca ambientale
Lombardia, entro il 2015 bisognerà bonificare l’amianto: 3 milioni di metri cubi
Terminato il censimento dell’amianto in Lombardia: 3 milioni di metri cubi da smaltire entro il 2015, con poche risorse e enormi difficoltà logistiche
Il censimento dell’amianto della Regione Lombardia, conclusosi il 31 gennaio scorso, ha certificato la presenza di ben 3 milioni di metri cubi del cemento killer sul territorio lombardo: la stessa Regione si è impegnata a smaltirlo tutto entro il 2015, anno di Expo e del, almeno nelle intenzioni, rilancio economico di Milano, della Lombardia, del Paese tutto.
3 milioni di metri cubi di amianto da smaltire significa, per restare sotto la Madonnina, riempire tre volte lo stadio Meazza: bonificare dall’amianto, sopratutto in una grande città come può essere Milano, non è esattamente una cosa semplice.
La carenza di ditte specializzate è un primo elemento di criticità, ma i costi delle bonifiche, l’impatto ambientale, la mancanza di discariche (erano tre e sono state tutte sequestrate) e la difficoltà nei controlli (proprio lo smaltimento dell’amianto in Lombardia, mescolato con l’asfalto della Perego Strade secondo la Procura di Milano, è al centro di un ramo della maxi inchiesta “Infinito”) sono ulteriori elementi che contribuiscono a rendere spinosa la questione amianto.
C’è, ad esempio, un edificio a Milano, tra via Melchiorre Gioia e via Pirelli, chiamato affettuosamente “Il Pirellino” (lo vedete nella foto di copertina): di proprietà del Comune, con un valore stimato tra i 55 e gli 85 milioni di euro, il Pirellino è un importante complesso di 25.500 metri quadri, 28 piani di grattacielo (più tre di parcheggi), fatiscente e pieno di amianto.
Il Comune vorrebbe liberarsene, trovandosi questo in un punto realmente strategico della città: al centro del nuovo complesso Garibaldi-Repubblica, proprio nel mezzo di quella “rivoluzione di acciaio e vetro” che sta cambiando radicalmente il volto di Milano; il problema è trovare un privato disposto a spendere decine di milioni per una struttura che andrebbe, in sostanza, abbattuta e che contiene ingenti quantità di cemento amianto.
Abbattere 28 piani di grattacielo in amianto (in cui lavorano poco meno di mille persone) al centro di una città è un’operazione antieconomica e pericolosa, che nessun privato (sopratutto di questi tempi) sarebbe disposto a pagare: la mente torna, almeno a chi conosce la storia (ed Ecoblog l’ha raccontata), all’abbattimento del Velodromo di Roma, primo atto della giunta Alemanno, che ha liberato nell’aria della Capitale particelle di amianto libero disperse grazie all’implosione della struttura, minata dallo stesso Comune.
“In altri tempi avremmo fatto scelte diverse ma oggi non abbiamo i soldi per la manutenzione delle strade, dove trovare 45 milioni di euro per la bonifica del palazzo uffici?”
si chiedeva sul Corriere della Sera pochi giorni fa l’assessore milanese ai lavori pubblici, Carmela Rozza.
Il caso dello stabile di via Pirelli, che il Comune vorrebbe permutare, è solo uno dei tanti sparpagliati nella regione dell’ipersviluppo italiano: uno sviluppo che non si arresta ma che non crea ricchezza reale, che puzza di ‘ndrangheta e pone interrogativi drammatici su importanti questioni ambientali molto poco eviscerate, sino ad oggi.
Per questo mantenere alto il livello di attenzione sulla rivoluzione urbanistica meneghina può darci una reale cartina tornasole dell’economia italiana nei prossimi due-tre anni, anche dopo l’esperienza dell’Expo.