Treni
No Tav, LTF investe in pubblicità per spegnere il dissenso
Al rapporto Duran che rimandava al 2030 la valutazione della fattibilità della Tav, la Lyon-Turin Ferroviaire ha risposto con una campagna pubblicitaria sui principali quotidiani italiani e francesi
Visto che l’opinione pubblica non la si può comprare e visto che anche molti addetti ai lavori non hanno prezzo (come nella nota pubblicità della carta di credito), visto che ci sono politici per i quali il bene comune viene prima degli interessi privati, uno dei tanti mezzi che i gruppi di pressione hanno per contrastare il dissenso, ammorbidire gli addetti ai lavori e opporsi ai politici dissenzienti è sovvenzionare i principali strumenti capaci di creare consenso.
La sovvenzione è totalmente legale, non c’è niente di illegale. Diciamo che consolida i rapporti di collaborazione. Diciamo che per il giornalista sarà più difficile parlare male della Tav, argomento che diventa sempre più teatro di uno scontro di pancia fra opposte fazioni che utilizzano slogan e dogmi fideistici invece dei numeri, i soli elementi utili a diradare la nebbia che viene alzata appositamente sul progetto da chi sa benissimo che la Tav, intesa come corridoio 5, non si farà mai. Non si farà perché il Portogallo ha rinunciato, perché la Spagna ha uno scartamento diverso rispetto all’Europa e perché la Francia ha fatto sapere – come riportato da EcoAlfabeta alcune settimane fa – che l’opera non è prioritaria e che se ne potrà riparlare fra 20-30 anni. Questo se si guarda a occidente, perché a oriente la situazione è ancora peggiore: la Slovenia sta cercando di smarcarsi da una crisi per la quale fino a pochi mesi fa si ventilava addirittura l’ipotesi di un salvataggio UE. Fine della storia, con buona pace dei sostenitori.
Eppure l’opera continua a essere definita “strategica” anche da chi ha sotto mano i conti in rosso di Stato, regioni e province.
Qualche settimana fa, dopo che il rapporto Duron ha rimandato di vent’anni l’opera, la Lyon-Turin Ferroviaire ha lanciato una campagna pubblicitaria intitolata “Siamo sulla buona strada” (“Nous sommes sur la bonne voie”), campagna per la quale si può ben usare l’aggettivo di strategica. Sono state coinvolte nove testate e i loro rispettivi siti: tre quotidiani nazionali francesi (Le Monde, Le Figaro e L’Equipe), un quotidiano locale francese (Le Dauphiné Libéré), tre quotidiani nazionali italiani (La Repubblica, La Stampa, Il Corriere della Sera) e due giornali locali della Valsusa (Luna Nuova, La Valsusa).
La LTF non ha nascosto di voler “rispondere alle critiche, reagire in maniera forte” con la sua “campagna di informazione”.
Ma Daniel Ibanez che coordina il comitato francese che si oppone al progetto la vede piuttosto come una “campagna pubblicitaria” e si chiede
con quale diritto e con quale denaro una società incaricata di fare degli studi e di fornire rilievi tecnici per l’apertura di un cantiere fa pubblicità?
Il diritto di farlo LTF ce l’ha, dal punto di vista giuridico. Il problema è che lo fa per un’opera che dovrebbe costare 26 miliardi di euro e si ritrova con le casse completamente vuote. Una cifra astronomica che fa certo scomparire la campagna da 350mila euro lanciata per rinsaldare la collaborazione con la stampa francese e italiana. È questa, secondo il sito TerraEco la cifra che sarebbe stata spesa per la campagna Sì Tav. Una stima della quale sono note solamente le cifre pagate ai quotidiani francesi (67mila euro a Le Figaro, 65100 euro a L’Equipe e 81000 euro a LeMonde) che qualche giorno dopo sono tornati a seguire con grande passione le vicende della Tav.
Via | TerraEco
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