Natura
L’incanto della foresta nell’ultimo poema sulla natura di Luc Jacquet
Gli alberi comunicano fra di loro, si difendono, combattono e proteggono la loro discendenza. Un documentario che dimostra come l’intelligenza non sia patrimonio esclusivo di chi ha un cervello
È stato presentato ieri sera, in anteprima italiana, nell’ambito del Festival Sottodiciotto, Il Était Une Forêt, l’ultimo documentario di Luc Jacquet, acclamato regista de La marcia dei pinguini e de La volpe e la bambina al quale la rassegna torinese ha dedicato una retrospettiva. Questo magnifico documentario girato nelle foreste tropicali del Perù e del Gabon si è avvalso della collaborazione di Francis Hallé, noto botanico francese che fa da voce narrante di questo film consacrato alla vita delle piante secolari.
Nei 75 minuti di quest’opera uscita un mese fa in Francia, ma ancora priva di un distributore italiano, cadono molti dei più diffusi preconcetti sulla natura e sull’intelligenza degli esseri viventi. È stato lo stesso Jacquet, dopo l’anteprima, a ribadire questo concetto che viene spiegato benissimo anche dalle immagini del suo film:
Mi sono accorto che prima di girare questo film conoscevo solamente la metà del nostro mondo. Per esempio, noi pensiamo che la comunicazione sia solo di chi ha cervello, ma non è così. Le piante sono in grado di asservire il fiore e di comunicare fra di loro. L’intelligenza non è soltanto “appalto” di chi ha un cervello.
Pur nella loro immobilità, gli alberi e le piante
Sono esseri viventi che devono lottare come noi: per conquistare il loro territorio, per nutrirsi e per proteggere la loro discendenza.
Film sulla foresta di Luc Jacquet
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I momenti più affascinanti del film sono quelli in cui il botanico Francis Hallé spiega le strategie messe in campo dalle piante per garantirsi la sopravvivenza. La storia della passiflora e della sua “guerra” con gli insetti che l’ha costretta a circa 150 mutazioni del suo corredo genetico in alcuni decenni, il vero e proprio scontro fra titani fra gli alberi e le piante parassite che gli crescono intorno fino a “sconfiggere” la pianta originale e, ancora, le strategie adottate dagli alberi per far viaggiare nello spazio i propri semi e perpetuare la propria specie.
Il film ha posto al regista delle vere e proprie sfide tecniche:
Il primo problema che ho dovuto affrontare è stato quello del tempo. Come conciliare i 24 fotogrammi al secondo con la vita secolare degli alberi? Per questo ho dovuto ricorrere alle animazioni che descrivono i processi della crescita. Il secondo problema era di ordine spaziale. Il cinema è, per sua natura, orizzontale, mentre gli alberi sono verticali.
Per la scena mozzafiato che apre il film è stato utilizzato un drone che ha risalito il tronco fino alla sommità, per incontrare lo straordinario narratore di questa favola, Francis Hallé. Quando qualcuno ha chiesto al regista se la presenza del protagonista a 70 metri d’altezza fosse un effetto digitale lui ha risposto con grande ironia:
L’80% della biodiversità si trova sulla sommità degli alberi e per Francis è sempre un piacere stare seduto in cima ai tronchi. Con lui la difficoltà non è farlo salire, ma farlo scendere.
Foto | Sottodiciotto Film Festival