Clima
Cambiamenti climatici, un quinto del patrimonio mondiale dell’umanità a rischio
L’innalzamento delle acque conseguente al riscaldamento globale potrebbe sommergere numerosi monumenti: dalla Statua della Libertà alla Torre di Pisa, dalla Torre di Londra all’Opera House di Sydney, da Venezia e Napoli alle città della lega anseatica
Un quinto dei siti patrimonio mondiale dell’umanità sono a rischio scomparsa a causa dell’innalzamento del livello marino conseguente ai cambiamenti climatici. Uno studio pubblicato sulla rivista Environmental Research Letters ha preso in esame i siti dell’Unesco che potrebbero andare perduti con l’innalzamento del livello marino nei prossimi 2000 anni. In gioco ci sono molti luoghi e monumenti che sono importanti simboli delle culture di appartenenza: la Statua della Libertà che annuncia l’ingresso a New York e l’Opera House di Sydney, vera e propria icona dell’architettura australiana, la Torre di Londra e i centri storici di Venezia e Napoli. Per molti scienziati l’allagamento potrebbe avvenire molto prima della scadenza bimillenaria.
È relativamente certo che vedremo i primi effetti del fenomeno nel ventunesimo secolo. In genere quando si parla di cambiamento climatico si analizzano le conseguenze economiche o ambientali; noi abbiamo voluto dare uno sguardo alle implicazioni culturali,
ha spiegato Ben Marzeion dell’Università di Innsbruck (Austria) presentando lo studio da lui coordinato.
Oltre alle città già citate, sarebbero a rischio anche San Pietroburgo e le città della Lega Anseatica (Amburgo, Lubecca e Brema), molte delle città del sud est asiatico che si affacciano sul mare, la città di Bruges attraversata dai canali. Anche la Torre pendente di Pisa potrebbe essere sommersa, nonostante disti alcuni chilometri dal mare.
Gli scienziati mettono in guardia dal rischio di sottovalutazione del rischio allagamenti, visto che nello studio non vengono presi in considerazione gli aumenti del livello temporanei, quelli provocati dalle sempre più frequenti tempeste, come quelle che si sono abbattute sulle coste britanniche in autunno e in inverno.
Via | The Guardian
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