Cronaca ambientale
Un anno dopo il Rana Plaza e la strage dei lavoratori del tessile nulla è cambiato
A un anno dalla tragedia del Rana Plaza la fabbrica di otto piani crollata in Bangladesh uccidendo più di 1.300 persone si celebra il Fashion Revolution, ma poco o niente è cambiato a partire dai mancati risarcimenti ai sopravvissuti e ai parenti delle vittime
Oggi nel primo anniversario della tragedia del Rana Plaza in cui sono morti circa 1300 operai del settore tessile di Dacca in Bangladesh è stato dichiarato il Fashion Revolution Day , una giornata internazionale tra commemorazione e azione. Ma un anno dopo i marchi di abbigliamento e le multinazionali non riescono a raggiungere l’obiettivo dei 40 milioni di dollari da versare al Donor Trust Fund per pagare un equo indennizzo alle vittime. Per ora sono stati versati nel Fondo istituito per fornire sostegno finanziario e medico alle vittime e alle loro famiglie coerenti con le linee guida stabilite dall’Organizzazione Internazionale del Lavoro (ILO) 15 milioni di dollari.
La Fashion Revolution Day dunque è stata attivata in 40 Paesi per coinvolgere tutto quel mondo che ruota intorno alla moda sia come occasione per commemorare le vittime del Rana Plaza sia per diffondere informazione nel merito della realtà che si cela dietro la produzione dei capi di abbigliamento, di scarpe e accessori. Il progetto è di Carry Somers, pioniera del fair tradee e in Italia la campagna è sostenuta da Altromercato con altraQualità e Equomercato. Ma ovviamente ciò non basta anche se è un deciso passo in avanti: ma cosa è veramente cambiato rispetto a un anno fa? Più di 150 marchi britannici e di 14 marchi americani tra cui Mango e H & M, hanno firmato l’Accordo per la sicurezza in Bangladesh, ossia un contratto legalmente vincolante tra marchi, rivenditori e sindacati in merito alla sicurezza degli edifici e alle ispezioni indipendenti. Ma mancano tutti gli altri.
Ineke Zeldenrust, della Clean Clothes Campaign ha detto:
L’ Accordo è un passo importante nel prevenire disastri futuri, ma non dobbiamo dimenticare quelli per i quali si arriva troppo tardi. Mentre si celebra il primo anniversario del crollo della Rana Plaza è imperativo che tutti i marchi che si affidano al lavoro del Bangladesh paghino: marchi tra cui Benetton, Matalan e Auchan, che finora non sono riusciti a dare un contributo alla Donor trust Fund e marchi tra cui Kik, Walmart e Mango le cui donazioni attuali sono troppo basse.
A oggi in Bangladesh sulla scorta dell’Accordo sono iniziate le prime ispezioni come informa il sindacato UNIGlobal Union:
C’è una squadra forte con più di 100 esperti tra tecnici e ingegneri che in Bangladesh che stanno conducendo 45 ispezioni alla settimana, con l’obiettivo di ispezionare 1500 fabbriche entro ottobre. Più di 280 fabbriche sono state ispezionati sulla sicurezza contro gli incendi e 240 per la sicurezza strutturale.
Ovviamente è ancora troppo poco e noi consumatori ancora una volta possiamo fare la differenza scegliendo quali marchi acquistare.
Jyrki Raina segretario Generale del IndustriALL Global Union ha detto:
Invitiamo tutti i marchi che hanno lavorato in Bangladesh a contribuire al fondo con una somma considerevole . Essi condividono la responsabilità collettiva di questo modello di produzione profondamente insostenibile e i rischi.
Via | The Guardian
Foto | Fashion Revolution @ Facebook