Animali
La lezione della cornacchia
Un po’ birdwatching, un po’ favola di Fedro, ma soprattutto una lezione di intelligenza, tenacia e adattamento all’ambiente
Alcuni giorni fa mi trovavo in un’area verde della mia città, il parco della Pellerina e mi è capitato di assistere a un vero e proprio spettacolo, del quale, nel viavai di biciclette e runner io e la mia compagna siamo stati gli unici beneficiari. Eravamo finiti al parco per fare un po’ di walking, ma, alla fine, ci siamo trovati nel bel mezzo di un involontario birdwatching.
A richiamare la nostra attenzione è stato il rumore di una noce sull’asfalto. In una delle (poche) vie di asfalto del più grande parco torinese (83,7 ettari di superfice) abbiamo notato una cornacchia grigia (Corvus cornix) afferrare con il becco la noce appena caduta e riportarsi in quota, per poi lasciarla cadere nuovamente una volta raggiunti i 4-5 metri di altezza e smettere di volare per planare sulla “preda”.
I principali motivi del nostro stupore sono stati:
1) il fatto che la cornacchia grigia eseguisse quest’esercizio soltanto nella lingua d’asfalto e mai sui prati circostanti. Di fatto il volatile si faceva aiutare dalla “tecnologia”, vale a dire dalla durezza e dalla compattezza dell’asfalto, nella speranza di rompere la noce e potersi nutrire del suo contenuto;
2) la persistenza dell’esercizio. Nei circa 10-15 minuti nei quali abbiamo goduto di questo spettacolo, comodamente seduti su di una panchina, l’uccello avrà lasciato cadere la noce fra le 20 e le 25 volte;
3) le cautele nei confronti dei passanti. Consapevole di poter rompere la sua noce solamente grazie all’impatto con l’asfalto, l’uccello lo era anche del passaggio frequente di ciclisti, podisti e persone intente a passeggiare. Nel caso individuasse qualcuno approssimarsi dalla parte destra o dalla sinistra della via, la noce veniva afferrata con il becco e l’uccello guadagnava una posizione di sicurezza su di un ramo. Non appena la persona superava quel ramo, l’uccello lasciava cadere la noce andando a riafferrarla nel becco dopo non più di due rimbalzi sul terreno.
Com’è andata a finire? Dopo circa 20-25 tentativi, abbiamo visto l’uccello spostarsi non lontano dall’asfalto e “armeggiare” con il becco all’interno della noce. Una volta allontanatosi, siamo andati a controllare e abbiamo trovato i resti del guscio svuotati del proprio contenuto.
L’intelligenza di rapportarsi all’ambiente, la tenacia nel perseguire il proprio scopo e l’astuzia nel proteggere il proprio operato ci hanno letteralmente stregato. A entrambi è sembrato di cogliere in quest’elogio della tenacia una morale da favola di Fedro.
Ma qualche giorno dopo ho avuto un’altra visione epifanica e anche questa volta totalmente fortuita. Mi trovavo fermo a un semaforo nella periferia di Torino, quando ho notato una cornacchia intenta a recuperare una noce da una strada frequentatissima dagli autoveicoli. Ovviamente quando è scattato il verde sono dovuto ripartire e, dunque, non ho avuto il tempo per “approfondire”. Ma l’analogia con l’esperienza di qualche giorno prima mi ha fatto pensare. La cornacchia era sull’asfalto, con la noce nel becco, ma era lì, in quel momento, perché sapeva che il semaforo era rosso. È troppo azzardato pensare che volesse usare le ruote delle auto come schiaccianoci?
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