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Sergio Mattarella e l’uranio impoverito nella testimonianza di Stefania Divertito

In hangout con Stefania Divertito per raccontare chi è Sergio Mattarella e cosa c’entra l’uranio impoverito con il neo presidente della Repubblica

Sergio Mattarella è stato eletto da poco più di 24 ore Presidente della Repubblica italiana e sui social si è scatenata la polemica circa l’uranio impoverito. La discussione è partita sui social, facebook per l’esattezza, e avviata da Stefania Divertito e da Lorenzo Sani de Il resto del Carlino. Sia Divertito, sia Sani hanno seguito per anni la questione uranio impoverito intervistando i militari, raccogliendo le loro storie, ma sopratutto partecipando attivamente a tutto il dibattito finché restò aperto.

Nel 1999 era presidente del Consiglio Massimo D’Alema e Sergio Mattarella era il vice presidente e aveva delega ai servizi segreti. Mattarella è stato anche ministro alla Difesa nel governo D’Alema II e Amato II sino al 2001 seguendo proprio l’operazione Allied Force in Kosovo. Eravamo nel pieno della Guerra dei Balcani e i nostri militari vi partecipavano in missione di pace. Salvo poi entrare in contatto con i proiettili di uranio impoverito usati per distruggere tutto più facilmente. Solo un’adeguata protezione, fatta di tute, caschi, guanti e respiratori li avrebbe potuti salvare dalle contaminazioni della nanopolveri di uranio. Ma del perché non siano stata richiesta adeguata attrezzatura per i nostri soldati ancora non lo sappiamo.

Stefania Divertito è una giornalista che dal 1999 ha iniziato a seguire per Metro la guerra dei Balcani e le strane morti che iniziavano a verificarsi tra i militari italiani dopo il rientro dalla loro missione di pace. Ha iniziato a raccogliere dapprima le loro storie e poi a seguire la vicenda politicamente. Il 4 gennaio del 2001 è invitata dal ministero della Difesa e dunque da Sergio Mattarella a partecipare a un viaggio a Sarajevo, assieme a altri giornalisti, per constatare di persona la sicurezza sul campo e per parlare con i militari italiani. Il viaggio però le fa apire gli occhi sul clima di insicurezza che vivono i miliari. Nel 2004 le viene riconosciuto per le sue inchieste il Premio Cronista dell’Anno 2004 e nel 2005 le storie e gli intrecci politici diventano un libro, Uranio, il nemico invisibile pubblicato nel 2005.

Italian soldiers, members of NATO missio

Stefania dice nell’intervista:

Ha negato deliberatamente quello che stava accadendo. All’epoca c’era un caos e cercare di capire cosa stesse accadendo era estremante complicato. Il Corriere della sera tirava fuori ogni tot giorni, esperti di uranio e a leggere queste dichiarazioni, l’uranio impoverito te lo potevi pure mangiare e non succedeva nulla. A chi credere? Era un vero bailamme di notizie e anche troppo allarmiste: sembrava davvero che dovessero morire tutti i nostri soldati che stavano nei Balcano, era davvero un momento molto difficile. Io ricordo molto bene quel che accadde in quel periodo e non ho un giudizio politico molto favorevole dell’allora ministro della Difesa, Mattarella. Lui era molto impegnato, molto pro attivi nel difendere le gerarchie militari e per tranquillizzare gli animi. Bisogna anche dire che lui aveva formato la commissione Mandelli guidata dall’autorevolissimo prof. Mandelli con nomi di primo piano all’interno, quali il fisico Martino Grandolfo dell’Istituto Superiore di sanità. Però, quella Commissione era chiarissimo che aveva l’obiettivo di tranquillizzare e di non trovare nulla. Uno perché i umeri che aveva a disposizione erano numeri sbagliati. C’erano epidemiologi, mi ricordo Valerio Gennaro, dell’Istituto tumori di Genova, che da subito aveva detto: attenzione, questa commissione sta lavorando su numeri sbagliati. Non avevano la giusta popolazione di riferimento, perché le indagini epidemiologiche non possono essere fatto prendendo come punto di riferimento i militari pariti in missione nei Balcani e valutar questi numeri con il registro tumori italiano. Perché la popolazione dei militari che parte per le missioni all’estero è una popolazione molto specifica: sono tutti giovani, sono tutti sani per definizione e non li puoi confrontare con la popolazione italiana. Quindi era un lavoro partito male, con basi sbagiate e subito ci furono delle critiche per quella commissione. Però la Commissione nacque a inizio gennaio e a fine gennaio il ministro Mattarella disse: “Tra qualche giorno arriveranno i primi risultati della Commissione”. Ma come fa una commissione in 20 giorni a tirare uori delle risposte per cui da anni la comunità scientifica si sta interrogando da anni? C’era quest’ansia di tranquillizzare ed è questa che oggi io dico mi fa pensare che in quel frangente il politico Mattarella non è stato un buon politico. Io dico in quel frangente e metto dei paletti, perché ovviamente sono relativi a un episodio specifico, a una fase specifica della carriera politica dell’attuale Presidente della Repubblica e con l’attenuante di un periodo in cui c’era caos. sappiamo quando in Italia ci si innamora di una situazione per cui non si fa altro che parlare di quello che sembra l’allarme sociale e poi dopo tre giorni non se ne parla più. E questo è stato il destino dell’uranio impoverito e poco dopo non se ne parlò più. La commissione Mandelli fece una relazione nei primi mesi del 2001. Quella stessa relazione per ammissione di Mandelli era sbagliata e aveva addirittura sbagliato il modello statistico. Quando questa cosa fu fatta rilevate dagli Scienziati contro la guerra ma anche dall’Università La Sapienza, Mandelli disse abbiamo bisogno di tempi più lunghi e non di questo caos per continuare a lavorare su questo tema e ci prendiamo un po’ di tempo. Passati quei mesi di allarme, di uranio impoverito non s’è né più parlato. Alla prima conferenza di mandelli c’era un panico, un caos di giornalisti, l’anno successivo, quando Mandelli presentò il nuovo studio non c’era nessuno: eravamo un manipolo di quattro o cinque giornalisti che seguivamo questa vicenda. Mattarella, non era già più ministro della Difesa. La Commissione aveva presentato un comunicato stampa fuorviante in cui si diceva: “non è stato trovato il nesso di causalità tra l’uranio impoverito e la morte dei soldati”. Però se ti leggi la relazione finale e non soltanto la paginetta del comunicato stampa, si dice una cosa molto importante, non abbiamo trovato il nesso di temperatura come a Hiroshima e Nagasaki. Ma lo scoppio di una bomba atomica è ben diversa dallo scoppio di un proiettile di uranio impoverito.

Nel 2010 al ministero della Difesta hanno istituito un fondo di 30 milioni di euro per un triennio e sono 532 i militari che hanno inoltrato la richiesta di risarcimento, accordato solo al 25 per cento dei richiedenti. I militari coinvolti nella contaminazione dell’uranio impoverito sono 3761 ammalati e 305 vittime (per cui valgono le istanze dei familiari).

Attualmente a tentare di risarcire i militari italiani sono i tribunali civili, tra cui il pool di Rimini, da cui sono venute fuori 25 sentenze di condanna nei confronti del Ministero della Difesa.

Oggi, si spera che con Sergio Mattarella presidente della Repubblica italiana questo brutto capitolo della stoia d’Italia possa essere chiuso con il riconoscimento dei risarcimenti ai militari e alle loro famiglie.

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