Cronaca ambientale
Eternit, le motivazioni della sentenza: “Processo prescritto prima del rinvio a giudizio”
Depositate le motivazioni della sentenza di Cassazione del processo Eternit che ha annullato la condanna ai responsabili dell’azienda svizzera. La procura di Torino rilancia: Schmidheiny rinviato a giudizio per omicidio volontario
Aggiornamento 23 febbraio, ore 19.13 – Il pubblico ministero di Torino Raffaele Guariniello, commentando le motivazioni della sentenza di prescrizione pronunciata dalla Cassazione lo scorso 19 novembre, ha reso noto che la Procura di Torino ha chiesto il rinvio a giudizio per l’imprenditore svizzero della ditta Eternit, Stephan Schmidheiny, con l’accusa questa volta di omicidio volontario aggravato, in riferimento alla morte di 258 persone per patologie correlate all’esposizione all’amianto tra il 1989 e il 2014.
Eternit, le motivazioni della sentenza: “Processo prescritto prima del rinvio a giudizio”
Le motivazioni della sentenza Eternit, depositate dai giudici della Corte di Cassazione e rese pubbliche questa mattina, sono un vero e proprio salto nel buio del sistema giudiziario di questo martoriato paese: secondo la Cassazione il giudizio per Stephan Schmidheiny (gli ermellini annullarono la condanna a 18 anni di reclusione) era prescritto prima ancora del rinvio a giudizio dell’imprenditore svizzero.
Gli ermellini spiegano che le tempistiche con cui si sono svolte le indagini e si è istituito il processo, tempistiche dovute sia ai “tempi tecnici” per le verifiche (le terribili patologie correlate all’esposizione all’amianto si manifestano anche dopo tre decenni) che alla congenita elefantiasi giudiziaria che caratterizza le procure e i tribunali italiani, sono state eccessive.
“A far data dall’agosto dell’anno 1993 […] da tale data a quella del rinvio a giudizio (2009) e della sentenza di primo grado (13/02/2012) sono passati ben oltre i 15 anni previsti. […] Per effetto della constatazione della prescrizione del reato, intervenuta anteriormente alla sentenza di I grado cadono tutte le questioni sostanziali concernenti gli interessi civili e il risarcimento dei danni. […]
Il Tribunale ha confuso la permanenza del reato con la permanenza degli effetti del reato, la Corte di Appello ha inopinatamente aggiunto all’evento costitutivo del disastro eventi rispetto ad esso estranei ed ulteriori, quali quelli delle malattie e delle morti, costitutivi semmai di differenti delitti di lesioni e di omicidio”.
Insomma, la sentenza che il 19 novembre scorso ha annullato la condanna a 18 anni comminata in secondo grado dalla Corte d’Appello di Torino all’unico imputato del processo Eternit, l’imprenditore elvetico Stephan Schmidheiny, non si sarebbe nemmeno dovuta scrivere: è stata la Corte d’Appello, scrivono gli ermellini, a combinare un pasticcio giudiziario assoluto attorno al processo. Non solo: l’imputazione di disastro a carico di Schmidheiny non era la più adatta da applicare dal momento che la condanna massima sarebbe troppo bassa, per chi miete morti e malati, perché punita con 12 anni di reclusione.
Insomma, una strage non vale 12 anni e, per questo motivo, non ne vale nessuno. L’assurdità è servita, in salsa giudiziaria.
Le motivazioni, dolorosamente assurde, depositate in Cassazione oggi ci rendono evidente una cosa: con i reati ambientali e con le patologie ad essi correlati la prescrizione è una doppia infamia perchè rappresenta da un lato una vera e propria “amnistia per ricchi”, come la definisce qualcuno, e dall’altro uno schiaffo alla salute pubblica e a chi ha impiegato anni per ammalarsi e morire tra atroci sofferenze.
Riprendendo le parole del 25 novembre scorso di Matteo Renzi il governo, ora, dovrebbe costituirsi parte civile nel processo-bis: dovrebbe farlo contro la Corte d’Appello di Torino.