Cronaca ambientale
Dossier Legambiente Ecomafie 2015: corrotti e inquinatori, un business da 22 miliardi l’anno
Nel Sud Italia gli illeciti, nel Nord la corruzione: la fotografia di Legambiente di un Paese inquinato, corrotto ed inquinatore
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E’ stato pubblicato ieri il rapporto Ecomafia 2015 di Legambiente, relativo ai dati raccolto nel corso dell’anno 2014 in Italia; realizzato col contributo di Cobat, ed edito dalla casa editrice Marotta e Cafiero, il rapporto di quest’anno si apre con una notizia positiva che fa da buon auspicio per il futuro prossimo: l’approvazione della legge n. 68 del 22 maggio 2015, la cosiddetta Legge Ecoreati, e che ha introdotto i delitti contro l’ambiente nel Codice Penale.
Il rapporto Ecomafia 2015 disegna un quadro generale peggiorativo rispetto all’Italia fotografata nel 2013: lo scorso anno infatti il business dell’ecomafia è ulteriormente cresciuto: un business che, scrive Legambiente, si attesta attorno ad un valore di 22 miliardi di euro, 29.293 reati accertati. Il rapporto indica come siano aumentate le infrazioni nel settore dei rifiuti (+26%) e del cemento (+4,3) alimentate dal fenomeno della corruzione. Secondo il rapporto si può tranquillamente parlare di “un boom” di infrazioni accertate nel ciclo dei rifiuti, che superano la soglia delle 7mila, per la precisione 7.244, quasi 20 al giorno. Alto è stato anche il numero di inchieste di traffico organizzato di rifiuti (art. 260 Dlgs 152/2006), ben 35 nel 2014, facendo salire il bilancio a 285 a partire dal 2002.
Secondo l’associazione ambientalista si parla di circa reati 80 al giorno, poco meno di 4 ogni ora, per un fatturato criminale che è cresciuto di 7 miliardi rispetto all’anno precedente raggiungendo la ragguardevole cifra di 22 miliardi, cui ha contribuito in maniera eclatante il settore dell’agroalimentare, con un fatturato che ha superato i 4,3 miliardi di euro: l’approvazione del ddl sugli ecoreati è quindi un passo importante ma non può essere l’unico necessario a ridurre il business criminale a danno di salute e ambiente, oltre che della legalità.
In particolare i traffici di rifiuti corrono anche lungo le rotte internazionali dove a farla da padrone sono i materiali di scarto destinati illegalmente al riciclo o a un approssimativo recupero energetico: rottami di auto e veicoli soprattutto (38%) per il recupero dei materiali ferrosi, scarti di gomma e/o pneumatici (17,8%), e poi metalli, plastica, Raee e tessili.
Così la stessa associazione ambientalista nella presentazione del rapporto:
“Cresce l’incidenza criminale nelle quattro regioni a tradizionale presenza mafiosa (Puglia, Sicilia, Campania e Calabria), dove si è registrato più della metà del numero complessivo di infrazioni (ben 14.736), con 12.732 denunce, 71 arresti e 5.127 sequestri. Si registra un calo dei reati in Campania (-21% circa), dovuto forse ai tanti riflettori accesi di recente sulla regione, e un aumento degli illeciti in Puglia, col 15,4% dei reati accertati (4.499), 4.159 denunce e 5 arresti. Numeri dovuti al capillare lavoro di monitoraggio e controllo svolto in tutta la regione dalle forze dell’ordine (in particolare da Carabinieri, Guardia di finanza e Corpo forestale dello Stato), coordinate operativamente da diversi anni grazie a un Accordo quadro promosso e finanziato dalla Regione Puglia. Crescono i reati nel ciclo dei rifiuti (+ 26%) e le inchieste sul traffico organizzato di rifiuti (art.260 Dlgs 152/2006), che arrivano addirittura a 35. Aumentano anche gli illeciti nel ciclo del cemento: 5.750 reati (+4,3%), realizzati soprattutto in Campania e poi in Calabria, Puglia e Lazio.”
Secondo quanto afferma Raffaele Cantone, Presidente dell’Autorità nazionale anticorruzione, intervistato nel rapporto da Toni Mira “Gli appalti pubblici nel settore dell’ambiente sono tra quelli più esposti alla corruzione e alla criminalità organizzata”: sono ben 233 le inchieste ecocriminali in cui la corruzione ha svolto un ruolo cruciale: la Lombardia è la prima regione dove il fenomeno corruttivo si è maggiormente diffuso (31 indagini penali), seguita subito dopo dalla Sicilia (28 inchieste), la Campania (27), il Lazio (26) e la Calabria (22). Dal Mose di Venezia ad alcuni cantieri dell’Alta velocità, dai Grandi eventi alle ricostruzioni post terremoto, dalla gestione dei rifiuti all’enogastronomia e alle rinnovabili, il fenomeno è purtroppo nazionale.