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La Rai di Renzi chiude Scala Mercalli
I temi affrontati dal meteorologo poco graditi all’attuale Governo
Nessun editto bulgaro. Matteo Renzi non lancia anatemi, ma passa direttamente ai fatti. Lo fa d’estate quando gli italiani sono in vacanza e lui deve (ri)costruire una strategia del consenso in vista dell’appuntamento referendario dell’autunno. Via i direttori dei Tg non allineati, cancellato 610 di Lillo & Greg, via Massimo Giannini e ora via anche Scala Mercalli, uno dei programmi più innovativi, intelligenti e “utili” della televisione pubblica.
Il conduttore, il climatologo Luca Mercalli, ha più volte manifestato la sua posizione No Tav, inoltre, nella sua trasmissione ha spesso trattato temi in aperto contrasto con gli interessi privati accuratamente tutelati dal Governo Renzi. Scala Mercalli parla di energie pulite, mentre il Governo Renzi le disincentiva, parla delle alternative al petrolio quando il Presidente del Consiglio invita ad astenersi dal referendum “anti-trivelle”.
Meglio chiudere il programma e meglio farlo d’estate, senza troppi clamori. Secondo quanto riferito a L’Espresso dallo stesso Mercalli, la direttrice Daria Bignardi non ha confermato il programma e non ha contattato personalmente Mercalli per comunicarglielo.
Quali le cause? Un’idea Mercalli se l’è fatta:
“Abbiamo trattato argomenti che sono scomodi per qualsiasi governo, e il governo Renzi non fa certo eccezione. Basterebbe dire che siamo andati contro le trivelle e le grandi opere, e a favore di un’agricoltura sostenibile”.
Nell’intervista concessa a Daniele Castellani Perelli, Mercalli ha riconosciuto di avere potuto lavorare in piena autonomia e senza pressioni. Ma ora la Rai è cambiata e, molto probabilmente, se la trasmissione fosse stata confermata le pressioni sarebbero state tali da snaturarne la missione culturale.
Dietro la chiusura ci sono degli errori? Mercalli preferisce parlare di scelte:
“È chiaro che sarei stato un ingenuo a pensare che non avrei sollevato un polverone con la puntata sui No Tav. Ma ci siamo sempre affidati a un metodo scientifico, un metodo “da Pulitzer”, da giornalismo d’inchiesta. Questi sono i fatti, ora se ci riuscite confutateli. Ma è un metodo che evidentemente non piace a chi sta in alto”.
Via | L’Espresso