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Biometano: le potenzialità e conviene produrlo?
Il biometano è metano a tutti gli effetti. Ma è energia rinnovabile che si produce dagli scarti o dai prodotti dell’agricoltura. Conviene veramente?
Che cosa è il biometano?
Tra le tante fonti rinnovabili il biometano è una delle meno conosciute. Con il termine biometano la legge intende un “gas ottenuto a partire da fonti rinnovabili avente caratteristiche e condizioni di utilizzo corrispondenti a quelle del gas metano e idoneo alla immissione nella rete del gas naturale“.
Dal punto di vista dell’utilizzatore finale, quindi, il biometano altro non è che metano vero e proprio. Solo che non viene estratto dalle viscere della terra ma prodotto a partire da rifiuti organici (siano essi la FORSU, Frazione Organica dei Rifiuti Solidi Urbani, i fanghi o i rifiuti agricoli).
Il biometano può essere prodotto anche a partire da coltivazioni dedicate, sacrificando però parte dei terreni e della produzione agricola ai fini energetici e, di conseguenza, togliendoli al consumo umano. Questo, alla lunga, potrebbe portare ad un rialzo del prezzo dei prodotti agricoli (come i cereali) dai quali è possibile ottenere sia cibo che energia.
Dove, e quanto, biometano si produce ogni anno nel mondo?
Secondo i dati riportati dal CIB (Consorzio Italiano Biogas e Gassificazione) l’Europa è il più grande produttore al mondo di biometano, con oltre 200 impianti dai quali deriva il 61% della produzione mondiale.
Secondo i calcoli del CIB, nella sola Italia, utilizzando tutti i rifiuti disponibili e dedicando al massimo 400.000 ettari a coltivazioni energetiche si potrebbero produrre ogni anno 8 miliardi di metri cubi di metano rinnovabile. Cioè circa la metà del metano consumato annualmente nel nostro paese.
Il potenziale produttivo di biometano nell’intera UE ammonterebbe, sempre secondo il CIB, a oltre 240 miliardi di metri cubi annui. Si potrebbe coprire, quindi, una buona fetta del consumo europeo di gas con una fonte rinnovabile.
Conviene usare il biometano?
Il biometano ha anche dei concorrenti altrettanto rinnovabili, come il BTL (Biomass-to-liquid, cioè biomassa gassificata e liquefatta), l’olio di colza (sostitutivo del classico gasolio da fonte fossile non rinnovabile), il biodiesel e il bioetanolo.
Sono tutti biocarburanti, fonti di origine vegetale o che provengono da scarti vegetali, e quindi rinnovabili. Ma il rendimento (calcolato su ogni ettaro coltivato) è ben diverso:
[img src=”https://media.ecoblog.it/7/73d/biocarburanti-a-confronto1.jpg” alt=”Rendimento biocarburanti” size=”large” id=”169845″]
Da questi calcoli emerge che il biometano e il BTL hanno un rendimento quasi triplo rispetto a olio di colza, biodiesel e bioetanolo.
Conclusioni sul biometano
Prendendo per buoni i calcoli fatti dal Consorzio Italiano Biometano, quindi, sembrerebbe proprio che questo carburante rinnovabile sia molto conveniente. Sia per l’ambiente che per l’economia italiana. Tra i pro da citare c’è sicuramente il fatto che il biometano non richiede alcuna infrastruttura di trasporto, perché può essere immesso nella rete nazionale del gas.
Altro vantaggio è che per produrre metano dai prodotti agricoli o dagli scarti è necessario implementare una filiera industriale locale, con le annesse ricadute economiche ed occupazionali sul territorio che ospita la filiera.
Il grosso dubbio sul biometano (e su gran parte degli altri biocarburanti) deriva dalla quota di terreni agricoli da destinare alla produzione della materia prima da cui deriva il carburante verde. Sarebbe disonesto, infatti, negare che un ettaro dedicato al biometano, al bioetanolo o al biodiesel è di fatto un ettaro sottratto alla nostra tavola.
Ben venga, quindi, un tetto nazionale stabilito per legge alla quantità di territorio coltivabile per fini energetici.
Fonte: CIB
Credit foto: Som Energia Cooperativa su Flickr