Nucleare
Energia nucleare: fonte fossile o rinnovabile?
Il nucleare non è una fonte fossile, è quasi inesauribile e non produce CO2. Ma è energia rinnovabile?
Lo scontro tra energie rinnovabili, fonti fossili ed energia nucleare passa anche da semplici questioni linguistiche: sappiamo usare i termini giusti, quando parliamo di energia? Non sempre. Se è chiaro a tutti che le fonti rinnovabili (eolico, fotovoltaico, idroelettrico e biomasse) sono tali in quanto è la natura stessa a rinnovarle anche senza che noi le utilizziamo, non è altrettanto chiara la “non rinnovabilità” delle fonti fossili (petrolio, gas, carbone) né, men che meno, è chiaro a tutti se l’uranio con cui si produce elettricità da fonte nucleare sia da considerarsi fossile o rinnovabile. Proviamo a fare chiarezza.
Perché petrolio, carbone e gas non sono rinnovabili
Le attuali riserve di petrolio, gas naturale e carbone sono limitate. Un giorno finiranno, anche se esperti e scienziati non sono d’accordo su quando tale giorno arriverà. Secondo le stime (basate su dati della CIA) fatte da Ecotricity, compagnia britannica attiva nella fornitura di energia rinnovabile, se da oggi smettessimo di cercare nuovi combustibili fossili resteremmo completamente a secco nel 2088.
[img src=”https://media.ecoblog.it/9/98b/combustibili-fossili-quanto-dureranno.jpg” alt=”COMBUSTIBILI FOSSILI QUANTO DURERANNO” size=”large” id=”170074″]
Tutto sta, quindi, nell’equilibrio tra quante fonti fossili consumiamo ogni anno e quante ne riusciamo ad estrarre dalle viscere della terra. Ma quel che è sicuro è che un giorno le avremo estratte tutte e che, per averne ancora, dovremo aspettare milioni di anni.
Questo perché petrolio gas e carbone, come dice la stessa definizione di “fossili”, si creano nel sottosuolo dopo milioni di anni durante i quali enormi masse di materiale organico si accumulano, compattano e infine trasformano in molecole ricche di energia, sotto forma di carbonio.
Questo carbonio viene poi rimesso in circolazione sotto forma di CO2 al termine della combustione delle fonti fossili, causando i ben noti problemi del riscaldamento globale e dei cambiamenti climatici.
Perché il nucleare non è fossile
Stando alla stretta definizione, quindi, l’isotopo di uranio 235 che serve a produrre, nelle centrali termonucleari a fissione, l’energia elettrica che comunemente chiamiamo “energia nucleare”, non è una fonte fossile. L’uranio, infatti, è un elemento presente in alcune rocce terrestri che non deriva da un processo di “fossilizzazione” paragonabile a quello da cui derivano petrolio, gas e carbone.
E, infatti, a differenza di queste tre fonti il nucleare non emette carbonio (CO2) quando viene utilizzato per produrre calore ed energia elettrica e (fatto salvo l’inquinamento e le emissioni prodotte durante l’estrazione dell’uranio) il nucleare non contribuisce al riscaldamento globale e ai cambiamenti climatici.
Perché il nucleare non è rinnovabile
Allo stesso tempo, però, il nucleare non è una fonte rinnovabile. La natura, infatti, non produce quotidianamente le tonnellate di uranio che l’uomo consuma tutti i giorni per produrre energia. L’uranio non torna indietro, quando finisce finisce.
Quando finirà l’uranio?
Non presto. Secondo le stime contenute nel report “Uranium 2016: Resources, Production and Demand” pubblicato dalla Nuclear Energy Agency e dalla International Atomic Energy Agency con dati aggiornati al 2015, infatti, le riserve globali di uranio ammontano a 7,6 milioni di tonnellate. Appena lo 0,1% in più rispetto a quanto stimato nel 2013. Questo dato varia di anno in anno in base agli investimenti in nuove ricerche: più uranio cerchi in giro per il mondo, più ne trovi.
I maggiori consumatori al mondo di uranio sono l’Unione Europea e il nord America, come mostrano i dati del report NEA-IAEA:
[img src=”https://media.ecoblog.it/c/c97/energia-nucleare-fonte-fossile-o-rinnovabile-consumi-mondiali-uranio.jpg” alt=”CONSUMI MONDIALI URANIO” size=”large” id=”170075″]
Al primo gennaio 2015 erano 437 i reattori commerciali presenti e operanti in 30 paesi del mondo. Alla stessa data 70 reattori erano in costruzione. Nel biennio 2013-2014 sono stati accesi 10 nuovi reattori e ne sono stati spenti sette.
Anche aggiungendo i consumi di uranio non legati alla produzione di energia, come quelli legati ai dispositivi di diagnostica medica, è quindi evidente che l’uranio non è rinnovabile ma non finirà presto.
Uranio: i problemi e l’eredità
I veri punti dolenti dell’energia atomica sono due: la sicurezza dei reattori nucleari (in particolar modo del nocciolo del reattore) e la gestione delle scorie radioattive.
Per quanto riguarda la sicurezza, senza neanche citare i disastri nucleari di Chernobyl e Fukushima, è ormai chiaro a tutti che produrre energia dall’uranio è rischioso. Con oltre quattrocento reattori sparsi per il mondo il rischio di incidenti nucleari, piccoli e grandi, è sempre in agguato.
Ma è la gestione delle scorie nucleari il problema che, guardando al futuro, preoccupa di più. Al termine della reazione di fissione nucleare con cui si produce elettricità dall’atomo di uranio 235, infatti, quel che resta sono le scorie. Che restano radioattive per secoli e che, di conseguenza, vanno gestite in siti sicuri che, anche tra 200 o 300 anni, potranno resistere ad attacchi terroristici, terremoti, maremoti, intemperie e, da non sottovalutare, siano a prova di errore umano.
Foto: Flickr