ECOLOGIA
La ricerca italiana sulle rinnovabili
Nel laboratorio di Novara, dove ENI sperimenta le ultime innovazioni in materia di energia pulita.
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Esattamente un anno fa, il Portogallo ha dimostrato come le energie pulite e rinnovabili siano in grado di soddisfare il fabbisogno energetico di un’intera nazione: secondo l’analisi del centro studi Zero, lo stato iberico è infatti riuscito ad alimentarsi solo attraverso energia solare, eolica e idrica per oltre quattro giorni (107 ore). Situazioni di questo tipo, ormai, non sono più una novità: nel 2015 c’era riuscita la Danimarca e anche un grande paese come la Germania è riuscito a sfruttare le sole rinnovabili per un giorno intero.
Nel giro di qualche anno, il sogno di abbandonare le energie fossili potrebbe forse essere raggiunto; già oggi, comunque, i dati sono incoraggianti: nell’Unione Europea, circa il 20% dell’energia totale proviene da fonti rinnovabili, con l’energia idrica che conta per oltre la metà di questa quota e il solare che gioca un ruolo minore (ma in costante crescita). Tra gli stati più virtuosi, quasi irraggiungibile la Svezia, che ottiene oltre il 50% del proprio fabbisogno annuo grazie alle rinnovabili
E l’Italia? Nonostante non se ne parli molto, il nostro paese si posiziona bene nella classifica e ha già raggiunto gli impegni sottoscritti per il 2020: quasi il 20% dell’energia consumata in Italia proviene da rinnovabili, mentre per quanto riguarda la produzione nostrana, la stessa percentuale sale al 38,5% (18% dall’idrico, l’8% dal solare, il 6% dall’eolico e il restante da altre forme come il geotermico). In Italia, quindi, la parte del leone la gioca l’energia idrica, mentre in molti altri paesi europei la fonte principale è costituita dall’eolico.
Ma è il solare, per quanto riguarda il nostro paese, la scommessa più importante: la percentuale (8%) di energia prodotto grazie al fotovoltaico colloca l’Italia al primo posto al mondo. Merito anche della ricerca e delle sperimentazioni compiute nel laboratorio “Renewable Energies and Environment” di Eni, con sede a Novara, dove si lavora alla generazione di celle solari ricavate da materiali organici e stampabili su pellicole sottili come carta da giornale; si testano concentratori solari luminescenti che catturano la luce diffusa e la trasformano in energia – vetri trasparenti e colorati che possono essere integrati in edifici, serre e altre strutture architettoniche –; si sviluppano processi per ricavare biocarburanti d’alta qualità dai rifiuti urbani e dalle biomasse non alimentari e molto altro ancora.
Un laboratorio che recupera la tradizione scientifica dell’Istituto Donegani e che dal 2007 si concentra sullo sviluppo delle energie rinnovabili grazie al lavoro di 150 addetti tra ricercatori, tecnici e staff. Un esempio dei progetti portati avanti a Novara riguarda proprio l’energia solare e va sotto il nome di Concentrating Solar Power (CSP). Il solare a concentrazione, sviluppato in collaborazione con il MIT di Boston è in grado di ridurre notevolmente i costi di investimento e produzione di energia termica per via solare, rendendone possibile la produzione direttamente nei paesi in cui verranno installati e favorendo l’impiego e lo sviluppo locale.
Un secondo importante esempio riguarda il progetto di sviluppo di smart windows grazie alla tecnologia dei “concentratori solari luminescenti”, i vetri del futuro. I concentratori solari luminescenti (LSC) sono lastre trasparenti e colorate che assorbono una parte della luce solare e la riemettono a lunghezza d’onda maggiore. La radiazione è indirizzata come in una fibra ottica verso i bordi, rendendoli luminescenti. Qui piccole celle fotovoltaiche trasformano la radiazione ricevuta in energia elettrica. L’innovazione degli LSC nasce per dare nuove possibilità all’utilizzo del fotovoltaico: possono essere utilizzati, infatti, in agricoltura, in architettura e per le infrastrutture.
L’ultimo progetto illustrato a Blogo durante la visita ai laboratori novaresi di Eni riguarda il fotovoltaico organico avanzato, tecnologia sviluppata, anche in questo caso, in collaborazione con il MIT e che punta a sviluppare pannelli solari che utilizzano polimeri al posto del silicio, un materiale che presenta non pochi problemi dal punto di vista dello smaltimento. Non solo: questa soluzione presenta vantaggi anche in termini di convenienza e flessibilità.
I polimeri e altre molecole organiche vengono sciolti in opportuni solventi trasformandosi in inchiostri capaci di catturare la luce e trasformarla in energia elettrica. Si possono utilizzare strati di materiale anche di poche decine di nanometri, permettendo un consumo di materiale estremamente ridotto. Un’innovazione in grado di portare benefici tanto economici quanto ecologici.