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Consumo di carne, i paesi industrializzati arrivano a 81kg pro-capite
Il consumo pro-capite di carne arriva a 81kg l’anno, per i tedeschi “solo” 60kg, ma i conti fanno davvero impressione
Secondo il rapporto Fleischatlas 2013, redatto dall’Associazione per la protezione dell’ambiente e della natura (Bund) assieme alla Fondazione Heinrich Boell, vicina ai Verdi e alla rivista Le Monde Diplomatique, il mondo ha saziato la sua fame nel 2012 producendo 300milioni di tonnellate di carne alimentare (dato Fao).
Un incremento di quasi il 7% rispetto al 2006 e che porta ad utilizzare il 70% delle superfici agricole direttamente o indirettamente per la filiera della carne: un’attività più redditizia e meno onerosa rispetto all’agricoltura e che porta i cittadini degli otto paesi più industrializzati a consumare, ogni anno, 79-81kg di carne pro-capite (circa 250g al giorno).
Secondo il rapporto, che concentra parte delle sue attenzioni sul “caso tedesco”, in Germania il consumo pro-capite è di 60kg l’anno ma questo non è comunque un buon risultato: i tedeschi mangiano quattro volte la carne che consumavano nel 19° secolo, consumo raddoppiato negli ultimi 100 anni: l’85% dei cittadini tedeschi mangia carne ogni giorno (più gli uomini delle donne), ma entrando nello specifico delle dispense carnivore dei teutonici c’è da restare a bocca aperta.
Ogni tedesco nella sua vita ingurgita: 4 manzi, 4 pecore, 12 oche, 37 anatre, 46 maiali, 46 tacchini e 945 polli: totale 1094 animali, una cifra incredibile se consideriamo le enormi possibilità alimentari che, dalla produzione al consumo, garantiscono una sostenibilità maggiore senza dover per questo rinunciare ad una bistecca.
E’ un discorso non solo ambientale ed animalista, che può scontrarsi con le ideologie di conversazioni infinite sul diritto, sacrosanto, di consumare carne o meno, ma anche medico, visto che l’eccessivo consumo di carne non fa bene alla salute (basterebbe più o meno una bistecca alla settimana per ricevere l’apporto di proteine animali necessario) e di civiltà.
Se pensiamo che l’ingrasso di manzi, maiali e pollame costituisce una delle attività più redditizie al mondo contribuendo per il 40% al valore complessivo del settore primario mondiale, è possibile rendersi conto quanto la tendenza al consumo di carne sia anche un discorso ampiamente economico, che va a toccare tasti delicati fino ad oggi, va sottolineato, poco considerati.
Il maiale ha il primato mondiale sui consumi, con 111 milioni di tonnellate l’anno, ma è il pollo ad aver visto la crescita più ampia nell’ultimo centenario, con una produzione decuplicata a 104 milioni di tonnellate; la carne di manzo si attesta a 67 milioni mentre gli ovini a “soli” 14 milioni di tonnellate l’anno: se pensiamo tuttavia che ogni chilo di carne suina richiede circa 10 mila litri d’acqua (per i bovini si arriva a 15mila litri) in un mondo dove 1,1 miliardi di persone non ha accesso all’acqua potabile, è evidente lo squilibrio che è venuto a crearsi.
Personalmente non voglio farne un problema etico, ma di responsabilità: da consumatore di carne quale sono, e da ghiottone, mi rendo conto del forte impatto sul pianeta che ha questa mia abitudine e cerco di prendere gli accorgimenti minimi necessari per essere il meno impattante possibile sul pianeta, come ad esempio consumando carne proveniente da allevamenti dove lo sviluppo animale non viene “dopato” inutilmente.
Oltre alla rivoluzione energetica abbiamo bisogno di un cambiamento atteso da tempo in agricoltura
sostiene Hubert Weiger, capo della Bund, che ha spiegato anche la media tedesca di 170mg di antibiotici per chilo di carne faccia aumentare la tolleranza umana agli antibiotici stessi: un problema non da poco in un mondo globale.