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ECOLOGIA

Delta del Niger, mercoledì la sentenza sul disastro ambientale

E’ attesa per mercoledì la sentenza del processo che vede Shell accusata di negligenza da alcuni pescatori nigeriani

Il Tribunale Internazionale de L’Aja si pronuncerà probabilmente mercoledì sull’ormai storica disputa tra il colosso petrolifero Shell e quattro pescatori nigeriani, che accusano la compagnia di aver gravemente inquinato i loro villaggi lungo il delta del Niger.

I fatti, risalenti al 2005, vedono contrapporsi, in una perfetta rivisitazione della biblica battaglia di Davide contro Golia, alcuni pescatori e contadini che accusano la Shell di comportamenti negligenti che portarono al verificarsi di due importanti fughe di petrolio da un oleodotto le quali compromisero irrimediabilmente le attività agricole e ittiche di quella zona.

Il giudizio atteso dal Tribunale de L’Aja potrebbe rappresentare una pagina di storia giurisprudenziale relativamente ai disastri ambientali ed alle responsabilità ad essi correlate: i ricorrenti contro Shell infatti chiedono che sia la compagnia a bonificare l’area, ad adottare sistemi di controllo per identificare eventuali disfunzioni negli impianti, e a risarcire i danni.

Dal canto suo Shell si è difesa parlando di

atti di sabotaggio degli oleodotti e furti di petrolio greggio

sostenendo inoltre di aver già bonificato l’area interessata e di non dover corrispondere nulla per i danni causati alle uniche fonti di sostentamento della popolazione (che nell’intero delta del Niger è calcolata in ben 20 milioni di persone di differente etnia).

Da quando la Nigeria è divenuta uno dei maggiori esportatori di petrolio al mondo, la zona del delta del Niger (70mila chilometri quadrati), è al centro di numerose attività petrolifere operate da quasi tutte le compagnie mondiali (Eni compresa), che ogni giorno estraggono 2 milioni di barili di petrolio, causando perdite di gas naturale che generalmente si disperdono in atmosfera (la più grande dispersione di gas serra sul pianeta).

A causa della scarsa manutenzione delle condutture e delle fabbriche, Shell lascia disperdere decine di milioni di barili di petrolio nel Delta del Niger, con conseguenze disastrose per la popolazione locale e l’ambiente. Il gigante petrolifero anglo-olandese deve ora fermare il suo inquinamento, risarcendo il danno causato e prevenendo fuoriuscite di petrolio affinchè ciò non accada più

ha spiegato Geert Ritsema di Friends of the Earth.

Le perdite dagli oleodotti sono ingenti, aggravate spesso da veri e propri attacchi terroristici che mirano a destabilizzare una zona già fortemente militarizzata: l’ultimo evento, in ordine cronologico, occorso in tal senso è un’irruzione di poliziotti e militari in alcuni villaggi della comunità Ogoni della Nigeria del sud.

I militari avrebbero, secondo l’ong Environmental Rights Action, arrestato numerosi contadini (uomini, donne e bambini) che contestavano l’esproprio delle loro terre, circa 3000 ettari, e la vendita di queste ad una multinazionale messicana per la coltivazione di banane.

La popolazione ogoni è già stata fortemente colpita dallo sfruttamento indiscriminato delle risorse naturali: secondo un rapporto Onu del 2011 sarà impossibile rimediare all’inquinamento dei terreni e delle fonti d’acqua, causato da Royal Dutch Shell e National Petroleum Corporation, prima di 30 anni.

La sentenza di mercoledì si inserisce in questo critico e delicatissimo contesto: se da un lato la questione delle responsabilità legate ai disastri ambientali è di interesse internazionale, ci sono numerosi aspetti socio-culturali locali decisamente più complessi da analizzare:

I nigeriani hanno il diritto di citare in giudizio Shell in Olanda per ottenere giustizia. Nel frattempo Shell utilizza la minaccia di azioni legali per tentare di mettere a tacere proteste legittime, come le recenti rimostranze di Greenpeace contro la Shell in Europa. Inquinano impunemente, distruggono i mezzi di sussistenza e soffocano il dissenso. Questo è deplorevole

ha spiegato Nnimmo Bassey, presidente di Friends of the Earth.

Via | Era

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