Animali
Piccioni viaggiatori: una nuova teoria sull’orientamento dei colombi
All’ipotesi delle “bussole” olfattive e magnetiche si aggiunge quella sonora
La modalità con la quale un piccione viaggiatore possa venire liberato a mille chilometri dalla sua colombaia e riesca a farvi ritorno nel giro di un giorno, viaggiando a una velocità di 50-100 chilometri rimane uno dei misteri più affascinanti e insondabili della natura. Alle due ipotesi prevalenti nella comunità scientifica se ne aggiunge ora una terza. Fino a oggi le due teorie prevalenti erano quelle di un orientamento basato sull’olfatto e sulla capacità di “leggere” il campo magnetico dovuta alla probabile presenza di cristalli liquidi nel cervello.
Una ricerca del geofisico Jon Hastrum, pubblicata sul Journal of Experimental Biology, pur non escludendo la compresenza di altri metodi di orientamento, ha teorizzato che siano anche gli infrasuoni a guidare i piccioni verso la propria colombaia. L’infrasuono è una frequenza molto al di sotto della soglia di udibilità umana ma non di quella dei piccioni che, come sottolineato dal geofisico dell’US Geological Survey di Menlo Park, possono percepire suoni fino a 0,05 hertz. Negli infrasuoni rientrano i movimenti impercettibili della superficie terrestre o i rumori causati dalle onde nelle profondità marine.
Nei suoi esperimenti Hastrum ha notato una sensibile differenza nella capacità di orientamento dei volatili fra i giorni in cui le condizioni atmosferiche erano normali e quelli in cui uno dei siti del test (Jersey Hill) rientrava in una “sound shadow” (ombra sonora) dovuta, per esempio, all’aumento dell’intensità del vento. Secondo Hastrum – che ha preso spunto da uno studio del professor Bill Keaton datato 1969 – il riconoscimento degli infrasuoni circostanti il nido è, per i piccioni, ciò che è per gli uomini il riconoscimento visivo della propria casa.
Ora la nuova direzione in cui si muoveranno gli studi di Hastrum è quella dell’ampiezza di raggio. Le prossime ricerche tenteranno di scoprire come sia possibile ritrovare la strada partendo da migliaia di chilometri di distanza.
Via I National Geographic I Journal of Experimental Biology