ECOLOGIA
Clima: in 40mila a Washington per chiedere a Obama di bloccare l’oleodotto Keystone XL
L’estrazione di sabbie bituminose provoca gravi conseguenze anche a livello globale a causa
Quarantamila persone, la più grande folla mai registrata in un raduno sul clima si è ritrovata ieri di fronte alla National Mall di Washington DC per chiedere al presidente Barack Obama di intervenire in materia di politica climatica.
Dopo Katrina, ma, forse, ancor più dopo Sandy e Nemo, l’uragano e la grande nevicata che hanno colpito negli ultimi mesi l’East Coast, la sensibilizzazione sui mutamenti climatici inizia a diventare di interesse universale e non solo, come era in passato, di gruppi e associazioni ecologiste.
Il raduno di ieri, scandito dai cartelli “Forward on Climate” e “No on Keystone XL” e organizzato da 350.org, da The Sierra Club e Hip-Hop Caucus, aveva come principale obiettivo quello di appoggiare il presidente degli Stati Uniti nella sua battaglia contro i cambiamenti climatici e di chiedergli di iniziare a metterla in pratica opponendosi alla costruzione dell’oleodotto Keystone XL per le sabbie bituminose.
Il Congresso sta attraversando questa crisi in una sorta di stato di sonnambulismo ha detto il senatore Sheldon Whitehouse, co-presidente della neonata task force statunitense sul cambiamento climatico. C’è un uomo, laggiù, alla Casa Bianca che ha fatto sentire la sua voce sul cambiamento climatico. Noi dovremo aiutare Barack Obama a vincere questa battaglia e a farlo nel modo corretto. Dovremo avere l’appoggio del presidente e il presidente dovrà avere il nostro appoggio e soltanto così potremo dire alla Storia: “Sì, l’abbiamo fatto”.
Il caso Keystone XL è piuttosto delicato, lo scorso anno centinaia di manifestanti furono arrestati durante le manifestazioni contro l’oleodotto, tanto che l’amministrazione Obama decise di differire ogni decisione al dopo-elezioni.
Ora per Obama sembra essere giunto il momento di dare concretezza alle promesse pre e post-elettorali. L’oleodotto in progetto dovrebbe portare 700mila barili di greggio da sabbie bituminose dall’Alberta, in Canada, alle raffinerie texane della Costa del Golfo.
La quantità di greggio da sabbie bituminose eccede del doppio il fabbisogno canadese e, quindi, il progetto Keystone XL vorrebbe raffinare su territorio statunitense il prodotto delle sabbie. Visti gli elevati costi di trattamento delle sabbie (in cui la parte sabbiosa si mescola ad argilla, bitume e acqua) affinché l’esportazione sia veramente remunerativa occorre realizzare l’oleodotto contestato ieri nel raduno di Washington.
Da anni numerosi gruppi di attivisti osteggiano l’estrazione delle sabbie bituminose non solo per le implicazioni a livello locale (devastazione del territorio e inquinamento della falde acquifere), ma anche per l’impatto su scala globale, visto che i processi di estrazione e di lavorazione delle sabbie sono ad altissima emissione di gas serra.
Per Obama, insomma, una sorta di prova del nove. Se guerra al cambiamento climatico deve essere, si cominci dall’oleodotto della discordia.
Via I Huffington Post
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