Cronaca ambientale
Fukushima: almeno 100 miliardi di $ e 40 anni di lavori
A due anni dal disastro, i veri lavori di bonifica devono ancora cominciare. Si stima un costo di almeno 100 miliardi di dollari e una durata degli interventi di 30-40 anni.
A due anni dal secondo più grave disastro nucleare della storia le cose si stanno muovendo molto lentamente intorno ai reattori distrutti di Fukushima Daichi. Si stima che per gli interventi occorreranno 30-40 anni con un costo complessivo che supererà i 100 miliardi di dollari, senza contare il costo delle bonifiche dei terreni circostanti e degli indennizzi per i 180 000 evacuati.
I reattori 1,2 e 3 in funzione al momento dello tsunami hanno sofferto un meltdown parziale del nocciolo per mancanza di raffreddamento; ora tutti i reattori sono in condizione di spegnimento stabile e si stanno rimuovendo i detriti. I lavori per la rimozione del combustibile fuso non inizieranno prima del 2021.
All’interno dei reattori i livelli di radiazione sono ancora molto elevati, in particolare nel reattore 3, dove si raggiungono i 2 millisievert all’ora (una dose che la popolazione mondiale in media riceve in un anno). Si tenta di operare a distanza con robot, ma senza grandi successi; alla fine del 2011 si è perso il contatto radio con uno di loro.
Il reattore 4 non era in funzione l’11 marzo 2011, ma l’interruzione del raffreddamento ha causato anche qui un’esplosione ed ha lasciato esposte le barre di combustibile nuovo e irraggiato che vengono stoccate nella camera sopra al reattore. Ora i tecnici dovranno spostare 11 000 barre per disporle in una piscina di raffreddamento per 4 anni.
I problemi alla centrale si moltiplicano:
- i serbatoi per la raccolta delle acque radioattive sono quasi tutti pieni e non si sa dove metterla;
- ci sono infiltrazioni d’acqua dal terreno sopraelevato circostante al ritmo di 400 t/giorno;
- 7000 lavoratori (un terzo del totale) sono stati esposti ad oltre 30 millisievert (fonte WHO, par. 4.2), con accresciuti rischi per la propria salute;
- il rischio sanitario maggiore è però dato dai livelli di stress tra i lavoratori e la popolazione evacuata, legati all’incertezza sul proprio futuro. Ritorneranno mai a vivere le cttà abbandonate?