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ENERGIE

Strategia energetica nazionale: ci vogliono più rinnovabili e meno carbone!

Il moribondo governo Monti esce con l’ultima versione della strategia energetica nazionale. Si prevede un raddoppio delle rinnovabil al 2020. Un buon punto di partenza, ma occorre fare molto di più per affrontare le sfide della crisi climatica ed energetica.

Il moribondo governo Monti ha licenziato con un decreto l’ultima versione della strategia energetica nazionale. E’ un po’ curioso che due ministri tecnici, e per di più “anatre zoppe” (1) come Passera e Clini, debbano definire una strategia pluriennale che spetterebbe di diritto al prossimo governo eletto. Ma anche questa è l’Italia.

Il grafico in altro riassume i consumi energetici da fonti fossili e rinnovabili degli ultimi anni (dati BP) e le prospettive strategiche al 2020. (2)

La strategia, come fa notare Marco Boschini, ha il respiro un po’ corto: 8 anni nel futuro sono davvero pochi  in un momento di grande transizione energetica come l’attuale. Il piano nel suo complesso è poi abbastanza deludente, perchè non raggiunge due obiettivi sostanziali: un vigoroso impulso alle rinnovabili e la riduzione dei consumi di carbone.

In 8 anni si vorrebbe raddoppiare la produzione da fonti rinnovabili, passando da 18 a 36 Mtep, ovvero da 80 a 160 TWh.  Ipotizzando che idroelettrico, geotermico e biomasse rimangano costanti intorno ai 70 TWh (3), questo equivarrebbe a fare crescere fotovoltaico ed eolico rispettivamente di 3,5 e di 2 GW all’anno (4).

E’ un buon punto di partenza, ma dubito che sia sufficiente per le sfide della crisi climatica ed energetica che ci attendono e che non tiene forse abbastanza in conto la riduzione del costo degli impianti FV e l’introduzione di sistemi di accumulo a batteria, fattori che spingeranno ad una diffusione del FV senza incentivi che potrebbe coprire il 17% della domanda, secondo stime dei finanzieri dell’UBS.

E il carbone? Secondo il piano il suo apporto resterebbe costante, mentre occorre avviare un coraggioso progetto di phase out in tempi ragionevolmente brevi, per consegnare alla storia il combustibile fossile più dannoso per il global warming e per la salute umana.

Inoltre si prevede di investire ancora sulle energie fossili, in gran parte con fondi pubblici: rigassificatori e trivellazioni in mare.

Per questo urge più che mai un vero governo, all’altezza dei tempi.

(1) Negli USA il presidente che perde le elezioni e resta in carica da novembre a gennaio è detto “lame duck”.

(2) Il governo riporta i dati relativi al 2010 (quando  sono disponibili a tutti i dati BP del 2011 e forse il ministro potrebbe già avere magari anche quelli del 2012, disponibili al pubblico solo per rinnovabili e petrolio) e li riporta pure sbagliati, dal momento che parla di 61 Mtep di petrolio a fronte delle 73 reali e di 346 TWh di elettrico a fronte delle 335 reali.

(3) I 45 TWh dell’idroelettrico sono soggetti all’incognita dei cambiamenti climatici e non si può contare troppo su un aumento della produzione. La produzione da biomasse (20TWh) non è molto efficiente e nel caso degli inceneritori pure dannosa, per cui sarebbe più che opportuno non farla crescere.

(4) Si considera una producibilità specifica pari a quella degli ultimi anni e cioè 1600 h per l’eolico e 1150 h per il FV.

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