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ECOLOGIA

Con Giorgio Napolitano presidente addio ai beni comuni per le risorse naturali di Stefano Rodotà?

Giorgio Napolitano è per il secondo mandato presidente della Repubblica italiana. E ora, i beni comuni di Stefano Rodotà e di quei 27 milioni di italiani che hanno creduto per primi nell’acqua bene comune che fine faranno?

I 6 primi beni comuni individuati sono stati annunciati al Teatro Valle occupato non meno di una settimana fa: era il 13 aprile scorso quando Stefano Rodotà spiegò come voleva intervenire da giurista e con altri giuristi e economisti attraverso l’alleanza con i Movimenti, tutti. E’ un pacchetto di 6 proposte di legge già inviato ai parlamentari che include una legge sull’acqua pubblica, sebbene il referendum di due anni fa abbia indicato la volontà degli italiani ma resta ancora inascoltato, il reddito minimo, una legge sul fine vita e quella riforma dei regolamenti parlamentari per riconoscere i referendum, le petizioni e le iniziative di leggi popolari pari a un “potere dello stato”.

Veniamo alla pietra miliare, ovvero il principio di beni comuni, portato avanti da Stefano Rodotà e che intende rivoluzionare il Diritto così come lo conosciamo aprendo un nuovo rapporto tra i cittadini e la politica e partendo da una diversa gestione delle risorse naturali. Infatti a seguito del lavoro in seno alla Commissione Rodotà voluta da Clemente Mastella nacque (e vi racconto la storia nei paragrafi sotto) la categoria beni comuni:

che non rientrano stricto sensu nella specie dei beni pubblici, poiché sono a titolarità diffusa, potendo appartenere non solo a persone pubbliche, ma anche a privati. Ne fanno parte, essenzialmente, le risorse naturali, come i fiumi, i torrenti, i laghi e le altre acque; l’ aria; i parchi, le foreste e le zone boschive; le zone montane di alta quota, i ghiacciai e le nevi perenni; i tratti di costa dichiarati riserva ambientale; la fauna selvatica e la flora tutelata; le altre zone paesaggistiche tutelate. Vi rientrano, altresì, i beni archeologici, culturali, ambientali.

Capite bene la portata di questa rivoluzione nel Diritto, ovvero che ci sono beni che non appartengono né allo Stato e né al Privato ma che sono proprio di tutti e per cui tutti ne hanno diritto e nessuno può escludere nessuno dall’usarli e essendo tali vanno tutelati strettamente. In parole povere sarebbe diventata legge e nero su bianco:

di prevedere una disciplina particolarmente garantistica di tali beni, idonea a nobilitarli, a rafforzarne la tutela, a garantirne in ogni caso la fruizione collettiva, da parte di tutti i consociati, compatibilmente con l’esigenza prioritaria della loro preservazione a vantaggio delle generazioni future. In particolare, la possibilità di loro concessione a privati è limitata. La tutela risarcitoria e la tutela restitutoria spettano allo Stato. La tutela inibitoria spetta a chiunque possa fruire delle utilità dei beni comuni in quanto titolare del corrispondente diritto soggettivo alla loro fruizione.
Per quel che riguarda propriamente i beni pubblici, appartenenti a soggetti pubblici, si è abbandonata la distinzione formalistica fra demanio e patrimonio, introducendosi una partizione sostanzialistica.

Ditemi voi se questa non è la legge più ambientalista che sia mai stata progettata in Italia? Ma ciò cosa avrebbe voluto dire? che la ciccia per i privati di andare a sfruttare tutto quell’immenso patrimonio di risorse naturali che noi abbiamo, dall’acqua al suolo per intenderci, veniva messo sotto chiave e che dunque se lo si intendeva usare lo si doveva fare rispettando leggi molto stringenti e dopo che i cittadini fossero stati d’accordo. Quella legge se fosse stata sostenuta da Stefano Rodotà in quanto Presidente della Repubblica Italiana, avrebbe spazzato in un colpo solo da nord a sud dalla Tav al Muos. Ovvero a tutti quei cavalli di battaglia politici cavalcati da Pd e PdL a tornate alterne.

Una parola la spendo su Beppe Grillo che invece usa come una accetta questi temi mentre dovrebbe usare un più preciso e ardito fioretto evitando di sbrodolare in eccessi che manco si capiscono. La affinata intelligenza di Rodotà e della sua Commissione di giuristi merita molto di più del megafono sgangherato del Movimento 5 stelle che mi auguro si decida a crescere.

Ma come si arriva all’inclusione tra i beni comuni anche al web per tutti? La conoscenza è uno de beni comuni che si attua oggi attraverso la rete e dunque tutti ne devono usufruire liberamente. In merito c’è un articolo scritto da Ugo Mattei uno degli autori della proposta di legge sui beni comuni che da questo punto di vista è illuminante.

Il bene civile è un principio del Diritto regolamentato nel Codice civile con 10 articoli risalenti al 1942 e che fino a oggi non sono mai stati messo in discussione. Rodotà con i suoi giuristi non solo individua nelle risorse naturali i beni comuni ma ci dice pure che lo Stato ne è il custode per il bene dei suoi cittadini e di quelli che verranno.

Ma come nasce questa rivoluzione nel Diritto italiano? Rodotà nel febbraio del 2008 consegnò all’allora ministro per la Giustizia Clemente Mastella sotto richiesta dello stesso un il disegno di legge delega sui beni comuni frutto della rielaborazione del principio di bene civile da parte di un gruppo di giuristi e economisti conosciuti per essere quelli della Commissione Rodotà.

L’idea di mettere ordine nel sistema dei beni comuni nasce nel 2003 poiché ci si era resi conto che:

era emersa la necessità di poter contare su un contesto giuridico dei beni che fosse più al passo con i tempi ed in grado di definire criteri generali e direttive sulla gestione e sulla eventuale dismissione di beni in eccesso delle funzioni pubbliche, e soprattutto sulla possibilità che tali dismissioni (ed eventuali operazioni di vendita e riaffitto dei beni) fossero realizzate nell’ interesse generale della collettività facendo salvo un orizzonte di medio e lungo periodo.

Oggi la Costituente, nata da poco più di una settimana, ha per obiettivo il portare in Parlamento tutte le proposte di legge che girano intorno al principio di beni comuni, usando tutti gli strumenti di legge in essere e divenire a disposizione. La strada non sarà facile perché un Napolitano Bis che protegge Pierluigi Bersani e pure Silvio Berlusconi certamente non farà saltare il progetto troppo dirompente per non essere attuato; rallenterà probabilmente e speriamo che Beppe Grillo con il Movimento 5 Stelle si decida a fare quel salto di qualità politico veloce necessario a domare le novità in arrivo.

Via | Giustizia.it, Il Manifesto
Foto | Getty Images

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