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Ilva, nuova battaglia legale a Taranto: il colosso dell’acciaio ricorre Riesame contro il sequestro miliardario

L’Ilva ha impugnato al Tribunale del Riesame di Taranto il provvedimento che ha portato al sequestro di 8 miliardi e 100 milioni di Riva Fire: nuova battaglia legale sul fronte dell’acciaio.

Ilva Spa farà ricorso contro il sequestro miliardario disposto dal gip tarantino Patrizia Todisco nell’ambito dell’inchiesta “Ambiente Svenduto”; 8,1 miliardi di euro sequestrati settimana scorsa dalla Guardia di Finanza ai Riva, o meglio alla Rivafire Spa (che controlla l’87% di Ilva), con capi d’accusa pesantissimi: associazione a delinquere finalizzata alla commissione di reati ambientali plurimi.

Il ricorso al sequestro, già annunciato dal dimissionario Cda sabato scorso, è stato formalizzato proprio oggi (lunedì prossimo era fissata la decorrenza dei termini): i legali del colosso siderurgico tarantino si appelleranno al Tribunale del Riesame, dando vita ad una nuova battaglia legale proprio sul merito di quel provvedimento di sequestro, che si preannuncia feroce (visti gli importi in ballo), contro la Procura di Taranto ed il gip Todisco.

Se c’era qualcuno che ancora aveva dubbi sul lungo braccio di ferro tra l’azienda Ilva e la Procura di Taranto, questo ennesimo tassello non può che dissiparli tutti: il più famoso episodio fu il sequestro delle merci (1 miliardo il valore sul mercato), sequestrate perchè non sarebbero proprio dovute essere prodotte (il famoso “corpo del reato”) ma, grazie alla legge 231, venne poi concessa la loro vendita (a patto che i proventi fossero investiti nelle bonifiche, cosa che a quanto pare non è stata fatta).

Sul sequestro degli oltre 8 miliardi di euro però la questione è ben più spinosa: l’ordinanza del gip infatti prevede si il sequestro per 8,1 miliardi, ma i finanzieri (ad una settimana dalla firma del provvedimento da parte della Todisco) ne hanno potuti sequestrare, ad oggi, soltanto uno (che però non è tutto denaro liquido, in quanto comprende anche la foresteria di Ilva ed il suo Centro Studi nella città vecchia, nonchè il campo di tiro al piattello, all’interno del perimetro del siderurgico, in cui si è allenato l’olimpionico danese Anders Golding): secondo gli avvocati di Ilva ciò dipende proprio dalla stretta giudiziaria sul colosso dell’acciaio, a dimostrazione di come le casse di Rivafire Spa non siano così piene come la Procura penserebbe.

Altrettanto certo però è il sequestro di due settimane fa di 1,2 miliardi, ordinato questa volta dalla Procura di Milano, che ha accusato i Riva di frode fiscale, riciclaggio, intestazione fittizia e truffa ai danni dello Stato. Se uniti in un’unico quadro, questi due elementi coincidono e possono rappresentare una prima traccia di lavoro per risalire alle attività estere collegate al colosso Ilva (qualora ce ne fossero altre, si intende).

L’azienda intanto continua con la trentennale litania “lavoro-o-ambiente”, lamentando come i blocchi di tutti i mezzi finanziari stiano mettendo in ginocchio anche il pagamento degli stipendi degli 11mila dipendenti: un problema che, la notizia è di oggi, si potrebbe risolvere con una commessa decisamente golosa per Ilva.

I progettisti del “Palais Lumiere”, la torre di vetro e acciaio di 250 metri d’altezza che lo stilista Pierre Cardin vorrebbe costruire a Marghera (Venezia), chiederanno che la commessa di acciaio necessario all’opera, circa 100mila tonnellate, sia fornita dall’Ilva di Taranto:

Chiedo al ministro l’opportunità di incontrarlo per illustrargli le rilevanti ricadute occupazionali generate dalla realizzazione del Palais Lumiere. In particolare, vorrei sottolineare l’ingente commessa di acciaio, pari a 100.000 tonnellate, che ci piacerebbe potesse essere fornita direttamente dall’Ilva, la cui crisi e’ attualmente all’attenzione dello stesso ministro Zanonato.

ha spiegato all’Ansa il progettista dell’opera Rodrigo Basilicati.

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